La vedova Cerciello: “Aveva sposato l’Arma prima di me. Nessuno infanghi gli eroi come Mario”
“Mio marito è nei miei pensieri sempre, di giorno e di notte. Mi accompagna nella vita quotidiana e nei miei sogni. I suoi occhi grandi azzurri li ho dovuti chiudere io. Per sempre quella notte del 26 luglio 2019 e non li rivedrò mai più”. A parlare, in una lunga intervista all’Adnkronos, è Rosa Maria Esilio. La vedova del vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega. Ucciso con undici con undici coltellate la notte del 26 luglio di un anno fa a Roma. Per l’omicidio ora sono a processo due diciannovennni americani, Finnegan Lee Elder e Christian Gabriel Natale Hjorth.
La vedova Cerciello: mio marito è un eroe
Nel giorno della vergogna di Piacenza, la vedova Cerciello ricorda l’uomo, il marito, il servitore dello Stato. E rispedisce sdegnata al mittente le insinuazioni e le ricostruzioni artefatte sulla dinamica della drammatica aggressione. “Devo amaramente ammettere che ho dovuto assistere a tanta disinformazione. Con commenti davvero offensivi. E fuori luogo. Che hanno cercato di travisare l’eroismo di un uomo per bene d’altri tempi. Senza dare onore al suo sacrificio. Io sento di essere custode della sua memoria. E dunque esorto tutti al rispetto e alla riconoscenza”.
“Aveva sposato l’Arma prima di me”
Moglie innamorata, di Mario dice che era uomo buono e giusto. “Aveva dedicato la sua vita semplice al servizio del prossimo. Era entrato nell’Arma dei Carabinieri quand’era ancora un ragazzo. Il 21 novembre 2008. Dopo pochi mesi ha perso prematuramente il padre. Senza che riuscisse a vederlo in divisa da Carabiniere”. Un grande amore il loro, che si è concluso con il matrimonio celebrato solo 43 giorni prima dell’omicidio. Una storia che ha commosso il mondo. “Noi ci siamo conosciuti più di dieci anni fa. Ci siamo scelti e innamorati subito. Un amore viscerale il nostro”, racconta ancora Rosa Maria. “È stato un matrimonio bellissimo, una luna di miele da sogno. Un sogno che si è interrotto solo pochi giorni dopo. Perché l’hanno ucciso mentre era in servizio”.
Nessuno infanghi i carabinieri uccisi in servizio
Una testimonianza forte all’indomani del sequestro della caserma e dell’arresto di 10 carabinieri a Piacenza. Accusati di arresti illegali, estorsioni, violenze, traffico e spaccio di stupefacenti. Mele marce che non devono infangare il sacrificio di tanti uomini in divisa. Che hanno perso la vita per compiere fino in fondo il loro dovere. “Mio marito Mario era un Vicebrigadiere dell’Arma dei Carabinieri ucciso mentre svolgeva il suo servizio. Tutti gli attacchi e le insinuazioni verso l’Arma dei Carabinieri sono offensivi. Non rispettano lui, non rispettano la sua fede. La sua fiamma e la sua morte per mano di assassini mentre conduceva il suo difficile lavoro”.
“Mario sapeva fare bene il suo lavoro”
Mario ”era nato Carabiniere”, aggiunge. “Sapeva fare bene il suo lavoro, era preciso, acuto. Attento ai dettagli e ai pericoli. Responsabile per sé e per gli altri. Era orgoglioso del servizio che svolgeva. Era instancabile e sempre disponibile con tutti. Aveva sposato l’Arma dei Carabinieri ancor prima di me. Mario era consapevole dei rischi legati al suo servizio. Conosceva bene i pericoli che ci sono in una città come Roma. E li affrontava con coraggio e professionalità. Ma di certo mai avrebbe potuto immaginare che un controllo a due soggetti sospetti potesse trasformarsi nella sua tragica fine”.
Un maxiposter a piazza Cavour per il suo compleanno
Presente in aula a Roma a tutte le udienze del processo, Rosa Maria Esilio attende giustizia. ”Credo nei valori della Repubblica e della Giustizia. A questi stessi ideali Mario ha dedicato la sua vita fino a perderla”. La vedova Cerciello dice di confidare nel lavoro della magistratura, degli inquirenti e degli avvocati. Nel giorno del compleanno del marito ha voluto ricordarlo con un grande poster a piazza Cavour che lo ritrae sorridente e in alta uniforme. Con la scritta”Amore, giustizia, speranza, rispetto, onore, riconoscenza”.
Per me questo è un luogo sacro
Una scelta non casuale quella di piazza Cavour. “Per me questo è un luogo sacro. E’ il mio cimitero a Roma. Qui Mario ha dato il suo sangue e ha lasciato l’anima. Avevo il desiderio di vedere mio marito su tutta Roma. Da quella notte nera lo cerco ovunque. E il mio sguardo si è imbattuto su questi due pannelli pubblicitari bianchi. E ho pensato che quello potesse essere la sua finestra. Da dove si affaccia, mi guarda e sorveglia la città”. Il poster gigantesco è corredato da una frase tratta da una poesia di Pablo Neruda. “Che ci ha ispirato nel giorno del nostro matrimonio. Oggi, dopo il suo eroico sacrificio, tutti sanno chi è Mario. Hanno pianto tutti, hanno pregato. Ed è stato di ispirazione per i bimbi con poesie e disegni. Per artisti e musicisti. Il suo sacrificio non può cadere nell’oblio. E la sua morte non può essere vana”.