Coronavirus, l’immunologo Minelli contro il “clan dei virologi”: «Se non la pensi come loro sei un reietto»
Parole durissime, quelle dell’immunologo Minelli. In questi mesi, in Italia, c’è stata una enorme produzione di dati e studi in questi mesi di pandemia. Si voleva – e si vuole – dare delle risposte alle tante domande su un virus sconosciuto. Ma il lavoro «è spesso soggiogato dal pensiero unico. Molti studi non possono essere ammessi, per difetto di casta, ai gran galà della scienza in mascherina». Lo denuncia all’Adnkronos Salute Mauro Minelli. È responsabile per il centro sud della Fondazione italiana medicina personalizzata.
La denuncia dell’immunologo Minelli
Minelli evidenzia un paradosso sempre più evidente in Italia. Quello cioè che divide gli scienziati tra ottimisti e catastrofisti rispetto all’evoluzione della pandemia. «Se si esprime un parere ottimistico o, quanto meno, possibilista sulla evoluzione non catastrofistica di un’epidemia, uno finisce per forza di cose per appartenere alla schiera degli eretici», osserva. «Cioè alla squadra di quei reietti e poveri sfigati. A cui sinceramente non mi sento di appartenere».
«Filoni di ricerca mai presi in considerazione»
Alcuni filoni di ricerca non sono stati proprio presi in considerazione. «Ad esempio, quello che intreccia coronavirus e smog, secondo il quale ci sarebbe più di una correlazione tra inquinamento e rischi legati al virus. Eppure molti studi stanno dimostrando un preciso nesso di causalità tra esposizione prolungata al Pm 2.5 e gravi lesioni infiammatorie a carico dei polmoni».
L’immunologo e gli scienziati dei tweet
Secondo l’immunologo, in Italia sta accadendo che una cerchia di scienziati «ha preferito i tweet, i talk show e i rotocalchi» al confronto accademico. «Ed è disponibile alla tolleranza, ma fino a un certo punto. È gelosa custode di una scientocrazia curata nei dettagli e ha commissariato perfino la politica», osserva Minelli. «Pronta a processare e a condannare, se non al rogo, certamente al dileggio e all’oblio ogni stregone che si ponga in posizione dissenziente. O, comunque, non allineata».
Chi la pensa diversamente è uno “stregone”
In conclusione Minelli evidenzia il rischio che nel gruppo di “scienziati eretici” venga inserito anche «chi di sicuro non è uno stregone». Piuttosto «che nobilitare l’eresia, attribuendole forse impropriamente il senso compensatorio di un improbabile riscatto, riterrei più giusto e dignitoso», conclude, «spostare magari su altri fronti il fulcro dei propri interessi. Nell’attesa eroica e fiduciosa di una scienza democratica e aperta al confronto paritetico e circostanziato».