Cattedrale di Nantes, l’immigrato africano ha confessato: è stato lui ad appiccare il fuoco
Il volontario ruandese – arrestato per la seconda volta dalla polizia – ha confessato ai magistrati di aver provocato l’incendio nella cattedrale di Nantes la scorsa settimana. Lo riporta il giornale locale Presse Ocean. Che cita l’avvocato del 39enne rifugiato, Quentin Chabert, il quale conferma che l’uomo ha collaborato con gli inquirenti. Non è ancora chiaro però quale sia stato il suo movente.
Arrestato dopo l’incendio alla cattedrale di Nantes
L’uomo era stato arrestato una prima volta subito dopo l’incendio, sabato scorso, ma poi rilasciato, con gli inquirenti che avevano dichiarato che nulla lo collegava ai tre inneschi che hanno fatto divampare le fiamme. L’uomo lavorava come volontario nella diocesi e la sera prima dell’incendio aveva il compito di chiudere la cattedrale.
L’avvocato: «Il mio assistito è pieno di rimorsi»
L’avvocato del volontario, in difficoltà con il rinnovo del permesso di soggiorno, ha detto che il suo cliente era «pieno di rimorsi» e che la confessione è stata «una liberazione». «Il mio cliente ha collaborato», ha detto al quotidiano locale Presse-Océan Quenin Chabet, l’avvocato di Emmanuel, 39 anni, il ruandese che – da volontario della diocesi – aveva avuto l’incarico di chiudere la cattedrale la sera prima dell’incendio. «In preda ai rimorsi», Emmanuel «ha ammesso davanti al giudice istruttore – ha confermato il procuratore di Nantes Pierre Sennès – di aver acceso i tre inneschi nella cattedrale, vicino al grande organo, al piccolo organo e ad un contatore dell’elettricità».
È un ruandese rifugiato da anni in Francia
L’incendiario è un ruandese rifugiato da alcuni anni in Francia. Secondo il rettore della cattedrale, Hubert Champenois, Emmanel “serviva la messa” ed era spesso incaricato della pulizia o della chiusura della cattedrale. Era stato fermato il giorno stesso dell’incendio, il 18 luglio, poi rilasciato il giorno seguente. Gli inquirenti non avevano trovato traccia di effrazione sulle porte di accesso all’edificio. Adesso rischia 10 anni di carcere