“Una pugnalata al cuore”, la figlia di 17 mesi muore in ospedale: l’Asl chiede ai genitori 30€ di ticket
La figlia di 17 mesi muore in ospedale: l’Asl chiede ai genitori 30€ di ticket. Un’intera città, Aosta, è sotto choc. Per la notizia della morte di una bimba di appena 17 mesi, dopo un calvario lungo giorni di agonia e di inutili corse al pronto soccorso. Per la vergogna di quanto accaduto due mesi dopo: quando madre e padre della piccola, affranti dal dolore e disperati per la perdita, ricevono una lettera di richiesta dalla Asl di zona che intima il pagamento del ticket per le prestazioni ospedaliere di cui la famiglia avrebbe usufruito. «Quella lettera in cui mi si chiedono 30 euro per prestazioni non urgenti al Pronto soccorso è stata come una pugnalata al cuore», dichiara Yves Chapellu, il papà di Valentina, morta lo scorso 17 febbraio all’Ospedale Regina Margherita di Torino dopo essere il ricovero disposto quando ormai le condizioni della piccola erano disperate.
Valentina, 17 mesi appena, muore in ospedale: l’Asl chiede il conto ai genitori
«La mia bambina di un anno e mezzo, dopo 24 ore da quell’accesso al Pronto soccorso pediatrico di Aosta, giudicato da codice bianco, è entrata in coma. Poi è morta». Inutili le corse ripetute in ospedale. Vanificate angoscia, preoccupazione, ansia dei genitori e sofferenze della piccola, afflitta da un febbre che non passava mai. Eppure, puntualmente rimandata a casa dopo le visite. E ora, dopo il dramma, anche la beffa: con l’azienda valdostana che, attraverso una lettera di sollecito, chiede al padre della bambina di assolvere al pagamento del ticket di 30 euro per l’accesso al Pronto soccorso dell’11 febbraio in quanto, spiega tra gli altri il sito de La Stampa in queste ore, «considerato una visita non urgente, da codice bianco». «Speravo che operassero con un po’ di coscienza», spiega il papà della piccola con toni pacati ma fermi. Poi aggiunge: «È stato di cattivo gusto e superficiale. Valentina dopo 24 ore è entrata in coma ed è morta»…
Il pagamento del ticket di 30 euro suscita indignazione e rabbia
Un’odissea, quella di Valentina, cominciata il 16 gennaio. La bimba sta male. Ha la febbre alta che non passa. I medici la visitano e la rispediscono a casa suggerendo semplicemente la somministrazione di tachipirina. L’11 febbraio, stesso iter: con l’unica differenza che stavolta all’antipiretico i dottori consigliano anche di fare l’aerosol. 24 ore dopo Valentina peggiora ulteriormente e va in arresto respiratorio. Ancora un corsa in ambulanza fino all’ospedale. Lì la piccola è già grave. I medici vogliono sedarla e intubarla. I genitori escono dalla stanza in cui si stava svolgendo la visita, ma la piccola non si riprende. A quel punto la situazione precipita ancora: la piccola deve essere stabilizzata e l’ospedale dispone il trasferimento al Parini di Aosta. Poi, alle 6 del mattino, i dottori che l’hanno in gestione trasferiscono nuovamente Valentina all’ospedale Regina Margherita di Torino. Dove la piccola è poi deceduta. «Cinque giorni interminabili, la nostra vita da allora è finita», conclude il racconto il papà. E ora quella richiesta di 30 euro che infierisce una ferita che ancora sanguina. Che suscita indignazione e rabbia.
Una richiesta inoltrata senza conoscere l’epilogo: ordinaria, ma inopportuna
Sul caso è intervenuto allora il commissario dell’Usl della Valle d’Aosta, Angelo Michele Pescarmona. Il quale spiega, come riferisce sempre La Stampa, che quella lettera «è stata semplicemente una richiesta ordinaria. Era un codice bianco, quindi chi ha fatto il sollecito per il pagamento del ticket ovviamente non era a conoscenza di ciò che è successo dopo. La richiesta dal punto di vista amministrativo è giusta, ma è inopportuna. Adesso la annulleremo e chiederemo scusa alla famiglia». Sarebbe proprio il caso.