Toghe & politica, il “pentito” Palamara: «Le sentenze su Berlusconi? Tema da sviluppare»
In ballo ci sono gli ultimi trent’anni di storia patria. Dai processi di Tangentopoli a quelli del cosiddetto Bunga Bunga c’è di mezzo quello che Augusto Minzolini ha bollato come il nuovo “triangolo delle Bermude“: politici, pm e sentenze. Luca Palamara, l’ex-leader di Unicost espulso l’altro ieri dall’Anm, da lui a lungo guidata, ha detto quello che molti sospettavano e capito da tempo: molti magistrati fanno carriera non per meriti, bensì per appartenenza correntizia. Lo ha ammesso persino il vicepresidente del Csm, David Ermini. «La scelta sul merito – ha infatti scandito dai microfoni de Il mattino di Radio 1 – è stata un fallimento perché spesso si è preferito scegliere sulla base dell’appartenenza. La discrezionalità è stata usata male perché non si è mai reciso quel cordone ombelicale tra la correnti e il Csm».
Palamara annuncia ricorso contro l’espulsione dall’Anm
Ipse dixit. Ma questa è solo la punta dell’iceberg. La parte sommersa ci deve far capire se le nomine e gli avanzamenti per appartenenza si sostanziassero anche di indagini e sentenze pilotate contro obiettivi politici sgraditi. È fin troppo evidente che magistrati convinti di stare in guerra reclamino poi la medaglia al valore una volta portata guerra al “nemico“. Specie se lo ha fatto in autonomia dal codice penale e indipendentemente dalla notizia di reato. Cioè non per servire la giustizia, ma per riscrivere la storia, accontentandosi nel frattempo di cambiare la politica.
Parli dell’uso politico della giustizia
Lo stesso Palamara – che ha annunciato ricorso contro l’espulsione – parlando del «triangolo», ha concesso che le sentenze su Berlusconi siano «un tema da sviluppare». Speriamo bene. Ma la serie di «triangolini» di politici più o meno noti ed importanti, azzoppati quando non espulsi dalla politica per effetto di indagini strampalate e di sentenze dolose è più sterminata di una prateria. Quei pm e quei giudici hanno fatto carriera? È questo il bubbone che Palamara deve consentire di estirpare se davvero non vuole fare da capro espiatorio di un sistema che, com’è evidente, non nasce con lui. Può, però, farlo morire riscattando così la sua carriera. Ma deve dire la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità.