Mamme in fuga dal lavoro: in 37mila si sono licenziate in un anno. Il post-virus sarà anche peggio

26 Giu 2020 13:53 - di Alberto Consoli
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Un allarme diffuso dai dati dell’Ispettorato nazionale del lavoro. 37.611 neo-mamme hanno dato le dimissioni volontarie nel 2019. Un incremento di quasi il 5% rispetto all’anno precedente. Morale: il lavoro non è ancora roba da madri in Italia. Il discorso è stato più volte affrontato, senza oltrepassare la facciata. Al di là degli stereotipi di genere promossi da Laura Boldrini, oltre le desinenze femminili dei sostantivi non si è andati.

I dati dell’Ispettorato nazionale del lavoro rilanciati dalla Stampa rivelano una realtà non edificante: l’assenza di tutele chiare rende il lavoro sempre più incompatibile con la necessità di dover accudire i figli più piccoli. Dai numeri si ricava che .l’addio al lavoro “coincide nel 66% delle volte con l’arrivo del primo figlio. In 21 mila casi le dimissioni vengono accompagnate dalla motivazione: «difficoltà di conciliare l’occupazione lavorativa con le esigenze di cura della prole». Uno studio recente dell’Associazione “Mamme d’Italia” coordinato dlla consigliera di FdI Mennuni.

I fattori scatenanti

I fattori che inducono a una scelta quasi obbligata riguarda quello donne soprattutto che non hanno più genitori. Non ci sono nonni o altri parenti in grado di aiutare le neo-mamme a crescere i bambini: il costo dell’asilo privato che copra orari lunghi è inavvicinabile, così come il costo orario di una baby-sitter. Per non parlare delle graduatorie degli asili pubbliche che spesso penalizzano proprio la donna lavoratrice, esclusa per motivi di reddito. Un cane che si morde la coda. Altri dati dell’Ispettorato attestano che le richieste di part-time sono accolte: soltanto il 21%.

Il post- Covid peggiorerà le cose

Una carenza di sensibilità dei datori di lavoro. Lo scenario rischia di aggravarsi, mandando al macero le sia pure non eclatanti conquiste delle donne nel mondo del lavoro. Infatti il post-coronavirus,rende ancora più precario il quadro: «le cui incertezze e difficoltà potrebbero amplificare ulteriormente le aree oscure di elusione e irregolarità a danno dei lavoratori, e in particolare delle categorie più fragili e vulnerabili», spiega Leonardo Alestra, direttore dell’Ispettorato nazionale del lavoro alla Stampa. Anche la presidente della commissione parlamentare per l’infanzia, Licia Ronzulli, lancia l’allarme: il timore è che gli effetti della pandemia non possano che peggiorare il fenomeno. Urge, dunque, che l’occupazione femminile sia al centro dell’agenda per la ripartenza del Paese.

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