I dottori commercialisti (Aidc): «Il governo ci dia risposte concrete, non possiamo aspettare ancora»

4 Mag 2020 10:16 - di Redazione
dottori commercialisti

Il documento dell’Associazione italiana dottori commercialisti (Aidc) sulle disposizioni del decreto fase 2

“En attendant” le disposizioni del nuovo decreto di aprile/maggio, si fa sempre più pressante l’urgenza di risposte concrete. Le tanto vagheggiate misure di sostegno all’economia del Paese alleggiano, al momento, nella nebulosa dell’incertezza, anche all’indomani della annunciata “fase 2”.

La crisi economica appare ormai conclamata, ragion per cui l’ambiguità sui tempi e sulle modalità di ripresa delle attività economiche finiscono per amplificare i timori degli operatori. In questa vacatio ci si può, allora, limitare a tracciare i desiderata delle imprese e dei lavoratori autonomi, ivi inclusi i professionisti, colpiti dalle misure di contenimento della pandemia.

La prima palese ed impellente necessità non può prescindere dall’apporto di liquidità reale ed effettiva, logicamente in forma di finanziamenti a fondo perduto, onde non incrementare ulteriormente il livello di indebitamento delle aziende ed inficiarne ancor più l’andamento.

Ci sono, però, anche altri interventi che appaiono ormai indefettibili.

Innanzitutto, urge comprendere se le maggiori spese, che gli operatori economici devono sostenere per garantire standard più elevati di sicurezza sanitaria, possano essere in qualche modo ristorate (anche con bonus o crediti d’imposta), o se, invece, debbano restare interamente a carico degli stessi. Ma, al di là delle contingenze, sarebbe davvero opportuno approfittare della stasi indotta per dare avvio a tutte quelle riforme, annunciate da anni, atte a liberare l’economia italiana da lacci e lacciuoli, consentendone una vera ripartenza.

Fra le tante esigenze di un sistema economico ormai rallentato da anni, alcune priorità risultano, infatti, non più procrastinabili. Basti già pensare agli effetti che potrebbero conseguire ad una sostanziale riforma del sistema fiscale e dell’intero comparto pubblico. Il parossistico proliferare delle norme tributarie ed il livello eccessivo della tassazione hanno, invero, compresso lo slancio economico del Paese, rendendolo al contempo meno attrattivo agli occhi degli investitori esteri.

Sommando a questa criticità l’onere indiretto determinato da una burocrazia inefficiente, che da sempre, ma ancor più oggi, diventa una insopportabile zavorra, il quadro si staglia nella sua interezza. La crisi aggravata dall’emergenza sanitaria può, allora, essere l’occasione per affrontare i problemi, anche atavici, e per risolverli definitivamente, approntando e mettendo in atto misure di vero rilancio del sistema economico italiano.

Il primo passo dovrebbe essere una completa riscrittura delle norme disciplinanti le imposte dirette ed indirette, per accorparle in testi unici di maggiore comprensibilità e di più semplice applicazione, elidendo al contempo le inutili complicazioni ed i retaggi di epoche passate. La certezza delle regole del prelievo tributario e la loro stabilità nel tempo potrebbe, infatti, consentire di attuare una corretta pianificazione dell’attività gestionale, migliorandone significativamente i risultati.

Alla codificazione e semplificazione delle regole dovrebbe, poi, accompagnarsi una riduzione sostanziale della pressione fiscale, al fine di promuovere il rilancio della produttività del Paese, unitamente ad una defiscalizzazione del costo del lavoro, per garantire l’espansione delle attività, consentendo di mantenere e, anzi, di incrementare i livelli occupazionali.

La revisione del sistema economico italiano non potrebbe, infine, prescindere dall’introduzione di misure di contenimento concreto della spesa pubblica, anch’esse incardinate secondo parametri di certezza e stabilità, così da efficientare l’intero comparto.

Ogni intervento dovrebbe, però, essere sempre guidato dal mantenimento scrupoloso dell’armonia sociale, scongiurando ogni disequilibrio, con lo scopo precipuo di non acuire le tensioni già serpeggianti nel tessuto economico del Paese. Nessun solco sociale può essere considerato accettabile, perché possa esserci davvero uno nuovo rinascimento italiano.

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