«Firma la petizione per le dimissioni di Bonafede». Meloni lancia la petizione sui social

8 Mag 2020 11:14 - di Mia Fenice
meloni

Una raccolta firme con tanto di pagina dedicata per sottoscrivere la richiesta di dimissioni immediate per il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. A lanciarla attraverso i social è la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni.

«Mafiosi e boss scarcerati: l’Italia non merita questo! Firma la petizione per chiedere le dimissioni del Ministro Bonafede. Fratelli d’Italia ha già presentato una mozione di sfiducia al Senato», scrive su twitter Meloni lanciando l’hastag “#BonafedeDimettiti” e postando una foto del ministro e la scritta: “Grazie a lui mafiosi e boss fuori dalla galera”.

Meloni: «Il Parlamento abbia un sussulto di dignità»

Proprio ieri il centrodestra ha presentato in Senato la mozione di sfiducia  a Bonafede. Giorgia Meloni ha sottolineato che «l’Italia non può permettersi di tenere in carica un ministro che con le sue scelte scellerate ha consentito la scarcerazione di mafiosi, boss compresi, vanificando il lavoro di migliaia di servitori dello Stato e umiliando le famiglie delle vittime della mafia. Spero – ha concluso – che il Parlamento abbia, almeno su questo, un sussulto di dignità”.

Meloni e la mozione di sfiducia a Bonafede

Il testo vede come prime firme quelle dei capigruppo di Lega, FdI e FI, rispettivamente Massimiliano Romeo, Luca Ciriani e Anna Maria Bernini.

Nel testo sono tre le questioni indicate per motivare la richiesta di sfiducia. In prima battuta la “vicenda Di Matteo”, poi la sanguinosa rivolta nelle carceri, con 14 vittime a inizio marzo. Infine le scarcerazioni di decine di detenuti. Tra cui numerosi boss della criminalità per misure legate all’emergenza coronavirus.

La mozione ricostruisce lo scontro Bonafede-Di Matteo, partendo dalle dichiarazioni del pm palermitano a Non è l’Arena del 3 maggio 2020, sottolineando come «la decisione finale della nomina del capo del Dap è in capo al ministro della Giustizia; il ruolo di capo del Dap esige un alto profilo istituzionale, competenze in materia penitenziaria e una specifica capacità interlocutoria per il 41-bis».

Inoltre, si legge nella mozione che “i due ruoli, ovvero il ruolo di capo Dap e la Direzione generale affari penali, non sono equiparabili. E che il ruolo di “Direzione generale affari penali” non è assimilabile al “ruolo che fu di Falcone”. In quanto a quei tempi non c’erano i Dipartimenti e di conseguenza il ruolo della Direzione generale affari era centrale anche nella lotta contro la mafia».

«Il Ministro – scrivono Lega, FdI e FI – non può, per legge, disporre direttamente di questo secondo ruolo, essendo non solo già occupato al momento della proposta a Di Matteo, ma anche un incarico contrattuale soggetto a concorso obbligatorio».

Poi l’accusa: «La nomina a capo Dap del dottor Basentini, che non poteva vantare specifiche competenze ordinamentali in materia penitenziaria e antimafia, è stata una scelta del ministro Bonafede. Di cui il Guardasigilli deve assumersi tutte le responsabilità».

Le rivolte nelle carceri

Secondo tema della mozione le rivolte che «i primi di marzo sono scoppiate violentissime e apparentemente coordinate» negli istituti penitenziari italiani, ricordando come sia «serpeggiata l’idea che ad alimentare le rivolte fosse la criminalità organizzata».

La mozione infine ricostruisce la vicenda che porta alla scarcerazione dei boss, al centro delle ultime polemiche. Per poi sostenere che «da parte del vertice del Dap, a fronte dell’emergenza sanitaria nazionale, non è stata messa a punto alcuna strategia per evitare prevedibili e già noti disordini e rivolte negli istituti penitenziari». E inoltre «non sono state predisposte, all’interno degli istituti, adeguate misure di prevenzione sanitaria e anti-contagio COVID-19 a tutela di detenuti, operatori e visitatori».

 

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