“Siamo a posto”: così la Protezione civile liquidò l’imprenditore che offriva 50 milioni di mascherine (video)
Ormai quasi un mese fa, un imprenditore italiano che opera in Cina offrì aiuto alla Protezione civile per reperire mascherine. Filippo Moroni si era attivato, autonomamente e “pro bono”, per mettere insieme uno stock di 50 milioni di pezzi, che avrebbero aiutato il nostro Paese a supplire a quella che già era una grave carenza e che poi è diventata, a sua volta, una vera emergenza. La Protezione civile rispose di no, opponendo prima problemi di natura burocratica (le modalità di pagamento) e poi sostenendo di essere a posto, essendo riuscita a reperirle per proprio conto. Come è andata a finire sul fronte Protezione civile, con tanto di invio di forniture non adatte all’uso sanitario, è ormai cronaca.
Il no della Protezione civile alle mascherine
A portare alla luce la vicenda è stata la trasmissione Piazzapulita di La7, che ha intervistato Moroni. L’imprenditore, in video, ha ricostruito quanto accaduto: il 14 è al lavoro per mettere insieme 21 aziende cinesi, in grado di produrre 50 milioni di mascherine certificate CE a “prezzo di costo”. Manda circa “120 email”, spiega a La7. Contatta tutti quelli che poteva contattare: Protezione civile, Regioni, Asl, Confindustria. Non trova un interlocutore che gli dia davvero retta. Riesce poi a parlare al telefono con un funzionario dell’ufficio acquisti della Protezione civile. Insiste, fa domande per capire come stia messa la Protezione civile sul fronte mascherine, spiega che altri Paesi si sono già mossi per accaparrarsele e che “se non trovate il modo di pagare cash non comprerete una sola mascherina”. Viene rassicurato sul fatto che “siamo a posto” per numeri e tipo di dispositivi. Il funzionario della Protezione civile parla di 30 milioni di pezzi FFp2 e FFp3.
Repubblica ha diffuso sul proprio sito l’audio di due di quelle telefonate, intercorse tra il 15 e il 20 marzo.