L’Harry’s Bar pronto a chiudere per sempre: “Siamo rovinati. Dallo Stato solo costi in più”

18 Apr 2020 16:40 - di Luciana Delli Colli
harry's bar

Roma – e con essa l’Italia – rischia di perdere uno dei simboli della “Dolce Vita”: l’Harry’s bar di via Veneto. “Siamo rovinati. In due mesi abbiamo perso il 35% del fatturato”, rivela il titolare Pietro Lepore, che punta l’indice contro l’assenza di “un aiuto vero dello Stato”. “Senza – avverte l’imprenditore – non potremo riaprire”.

Ecco perché l’Harry’s Bar non può farcela

Spese fisse esorbitanti e rimaste invariate, entrate azzerate e nessun provvedimento del governo che sia davvero di sostegno all’imprenditoria sono la miscela esplosiva che rischia di affossare per sempre nelle paludi dell’emergenza coronavirus lo storico locale romano, immortalato da Federico Fellini nel film che ha contribuito a fare l’immagine della Capitale nel mondo. L’orizzonte di una riapertura il 18 maggio, infatti, per Lepore è illusoria. “Come?”, chiede l’imprenditore, spiegando che “in base alle nuove normative conviene non riaprire”. “Distanze di sicurezza, sanificazione del locale, costi si aggiungono ad altri costi: 35mila euro di affitto, circa 2500 euro di corrente al mese adesso che siamo chiusi. Poi l’acqua, l’occupazione del suolo pubblico. Spese fisse che pesano anche adesso che siamo chiusi”.

Lo sfogo del titolare: “Lo Stato non ci aiuta”

“Devo riaprire? Significa che devo licenziare i 2/3 del personale“, si sfoga il titolare dell’american bar che da oltre 50 anni ospita la vita notturna del jet set della Capitale. “Noi non siamo neanche in grado di pagare i contributi dei dipendenti e il presunto aiuto dello Stato è solo uno spostamento in avanti, perché i soldi poi li dobbiamo restituire. Questi avrebbero dovuto essere i mesi migliori in cui avremmo recuperato le perdite invernali. Ed invece – chiarisce Lepore – abbiamo subito una mazzata. Che ci ha tagliato le gambe”. E il pensiero va anche, prima di tutto, al personale, abbandonato al proprio destino al pari di chi fa impresa. “Ho 18 dipendenti, dal 23 marzo in cassa integrazione. Ancora non hanno visto un euro, a parte – rivela Lepore – quanto io gli ho versato il mese scorso. Hanno famiglia. Mi chiedo: e adesso se non arrivano i soldi, che fanno?”.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

  • sergio 19 Aprile 2020

    ma cosa vi aspettate da questa gentaglia.da quando è salito al potere quel genio di monti si è sistematicamente avviata una politica di disgregazione industriale nella nostra ITALIA.queste asservite al governo di germania(in particolare) e francia vogliono ridurci come la Grecia e Cipro.se non alziamo la testa siamo rovinati.