Sondaggio, stretta di mano addio: il coronavirus cambia le nostre abitudini e congela le politica
Che cosa resterà dell’ansia da coronavirus? Meglio, che cosa resterà delle nostre abitudini una volta (prestissimo, si spera) passata la buriana virale? L’interrogativo è tutt’altro che peregrino se la Swg ha pensato di sondare gli italiani su questi e altri quesiti, tutti legati alla nuova vita imposta dall’epidemia. Le abitudini, si diceva. Stupisce, ad esempio, sapere che il 91 per cento del campione intervistato risponde che il coronavirus ha modificato il suo modo di relazionarsi con gli altri. L’82 quello di divertirsi mentre il 70 è pronto a dire addio alla vecchia spesa. Ben il 64 per cento, inoltre, sta già cambiando il modo di informarsi, mentre fanno metà a metà quelli che rispondono sul modo di lavorare. Ma è soprattutto nel rapporto con gli altri che il coronavirus sta scavando in profondità perforando persino i tratti più identitari del nostro carattere.
Cresce il numero di chi invoca misure più aggressive contro il coronavirus
Certo, conta pure il giusto bombardamento mediatico per evitare il contagio. Sta di fatto che il 68 per cento degli intervistati si dice attento a mantenere le distanze, il 58 evita la stretta di mano e il 69 rifugge dai luoghi affollati. Facendo registrare, rispetto alla prima settimana di epidemia, un incremento rispettivo di +30, +20 e +17 per cento. I momenti di emergenza, e quindi di paura collettiva, sono anche quelli che stringono i cittadini intorno alle istituzioni. Le polemiche non sono gradite, al contrario delle misure draconiane, invece richiestissime. La curva di chi invoca decisioni ancora più toste si è impennata fino a raggiungere il 50 per cento, dopo aver toccato il 53. In compenso, sta per scomparire (ora è al 3 per cento) la quota di chi giudica eccessive le misure adottate. Ciò nonostante, diminuisce di poco (-3) la percentuale di chi si dice preoccupato per la diffusione del coronavirus.
Aumenta la paura di perdere il lavoro
Segno evidente che l’intervento di Conte ha ridotto l’ansia solo di poco. Aumenta, invece, la paura di perdere il lavoro. In due settimane la percentuale è salita dal 21 al 51 per cento. Un dato probabilmente da correlare alla lunghezza del tunnel. Se a fine febbraio il 30 per cento si diceva convinto che il coronavirus se ne sarebbe andato in due-tre settimane, oggi il 50 per cento parla di due-tre mesi. Indizio che nessuno ha più voglia di fare previsioni rispetto ad un’epidemia che, è ormai chiaro a tutti, non durerà poco. Lo stesso vale per i decessi: la percentuale di chi non sa prevederne il numero finale è in aumento. Ora è al 28 per cento. Il coronavirus ha congelato anche le intenzioni di voto. Nell’ultima settimana tutto come prima, o quasi: FdI stabile al 12, ma sempre più vicino al M5S (3,2), in flessione di due decimali. Come Forza Italia, ora al 5,3, e Italia Viva (3,2). Leggeri incrementi, invece, per Lega (31 per cento, +0,4) e Pd (20,5 +0,9).