Mamme medico in corsia: «Stiamo crollando, non possiamo neanche abbracciare i nostri figli»
«Una delle cose che sta diventando più difficile da gestire è che noi mamme medico non possiamo più abbracciare i nostri figli. Molte di noi cominciano a cedere, adesso serve lo psicologo». Federica Pezzetti, 37 anni, è dirigente medico presso l’Ospedale di Cremona. Racconta, in un’intervista a Repubblica – riportata dal sito Fanpage.it – «il lato umano» di chi lavora in Ospedale. Chi è impegnato in prima linea a combattere l’emergenza sanitaria da coronavirus, vive con sofferenza le distanze di sicurezza necessarie con i propri familiari. Un incubo. Un inferno.
Le difficoltà e il dolore delle mamme medico
Pezzetti descrive le difficoltà di questi giorni. «Da quando è diventato tutto così difficile e senza sosta, io e altre mamme medico o infermiere del nostro ospedale abbiamo dovuto prendere precauzioni anchea casa. Al mio piccolo di sette anni ho provato a spiegare perché, dicendo la verità».
«Quando rientro a casa mangio da sola e mantengo le distanze»
Parla per lei, ma anche a nome di altri mamme medico e infermiere del suo ospedale. «Quando rientro mangio sola, tengo le distanze da mio marito. Dormo separata, faccio tanta attenzione. È successo di finire alle 3 e mezza di notte, rientrare a dormire, e tornare in ospedale alle otto. Il bacio al figlio lo mandi col pensiero. Ci sono medici che hanno spostato la famiglia dai suoceri per scongiurare rischi di contagio. C’è un neurochirurgo che non vede i figli da tre settimane. È tutto cambiato».
«Si piange di nascosto»
Ci si lascia andare a un momento di pianto, anche se tutto resta intimo («si piange soli, di nascosto, quando si è un po’ al limite, magari in una stanza. Poi si riparte». Normale avere paura, per le mamme medico: «Certo che c’è la paura del contagio», afferma Pezzetti. «Ma c’è soprattutto per le nostre famiglie, per chi ci è accanto. Quando sei stanchissimo e vedi arrivare ambulanze di continuo e sai che i posti letto sono al limite, cominci a cedere perché non vedi la fine».
Turni di 13-14 ore, un massacro
In un clima di preoccupazione e tensione «a volte si litiga per sciocchezze». Dunque, diventa necessario più che mai un sostegno. «Noi mamme medico abbiamo chiesto che gli psicologi del lavoro siano sempre presenti. C’è tanto, tanto bisogno di parlare, di sfogarsi. In emergenza, con turni che diventano spesso di 13-14 ore, tra lavoro e pausa ci sono medici che restano dentro anche 34 ore, prima di prendere una boccata d’aria. È logico che così a lungo non si regge, se non c’è un sostegno». E il sostegno a volte arriva dagli stessi pazienti che riescono a strappare un sorriso, oppure dalle battute dei colleghi, racconta ancora Pezzetti. Che la prima cosa che farà quando tutto sarà finito è «abbracciare mio figlio e mio marito per un giorno intero».
A Voi Donne che state combattendo la nuova battaglia del Piave le nobili parole che il Gen.Gaetano Giardino ebbe per i soldati di allora:
«…il soldato italiano, non per virtù di provvedimenti di comando o di governo, né per favorevole rivolgimento di situazione militare (che dovette anzi conquistare col suo sangue), ma da sé e da solo riprese la coscienza morale e il suo valore…»