«Lo Stato non ha pensato a noi»: farmacisti in prima linea senza tutele o indicazioni

19 Mar 2020 11:09 - di Redazione
farmacisti foto Ansa

Riceviamo da una dei tanti farmacisti in prima linea in questo momento di emergenza e volentieri pubblichiamo

Caro direttore,

ci siamo anche noi farmacisti. In un momento di difficoltà sanitaria così grave che affligge il Paese, tutti i media hanno evidenziato il ruolo fondamentale dei medici e degli infermieri coinvolti nella lotta contro il continuo dilagare del virus Covid-19. I turni massacranti, il rischio di contagio e, soprattutto, la reperibilità a qualsiasi ora del giorno e della notte, stanno mettendo a dura prova chi in queste ore cerca di contrastare la diffusione della malattia e di stabilizzare gli ammalati. Pochi articoli di giornale però in questi giorni hanno contemplato anche la difficoltà lavorativa di un’altra categoria di professionisti che in questo momento è rimasta in prima linea ma abbandonata a se stessa: la categoria dei farmacisti. Che, con il loro lavoro, hanno garantito e stanno garantendo una continuità terapeutica di fondamentale importanza con criticità paragonabili a quelle degli operatori sanitari dei presidi territoriali e ospedalieri.

Farmacisti, una categoria che lo Stato non ha pensato di tutelare…

Nonostante gran parte dei farmacisti siano dipendenti di farmacie private, tutti svolgono un ruolo indubbiamente di pubblica utilità. Sebbene siano a volte in sotto numero. Sottopagati. Ed ora più che mai messi in pericolo perché privi di adeguate protezioni come mascherine, guanti e disinfettanti, si recano a lavoro tutti i giorni, rischiando per sé e per la propria famiglia. Lo Stato che si avvale e si fregia ora di questa risorsa non ha però, allo stesso tempo, pensato di tutelarla e supportarla adeguatamente. Infatti i farmacisti non possono starsene a casa, per ovvi motivi, come tutti i lavoratori per i quali è prevista questa soluzione. E le Istituzioni hanno pensato d’altro canto di imporre una turnazione del personale in farmacia in caso di quarantena preventiva del personale, come negli ospedali. In modo da non compromettere il servizio di erogazione del farmaco e, quindi, non chiudere la farmacia.

Il solito pressapochismo, ai farmacisti: «Intanto fate, che poi si vedrà…»

In poche parole dall’alto si è fatta la stessa cosa di sempre, ossia: «Intanto fate, che poi si vedrà…». Non si lavora così. Non si chiudono le scuole, ad esempio, per poi emanare un congedo parentale dopo dieci giorni dalla chiusura delle stesse. Questo è disservizio. Non è modo di lavorare a mio avviso. E mi rivolgo essenzialmente alle Istituzioni che si fregiano dell’umanità dei cittadini senza poi dare loro nessun supporto reale, se non parziale, scadente. Questo ci conferma ancora che l’Italia è un Paese che si appoggia sulla coscienza e sulla professionalità di molti. Ma che non può contare sulla struttura statale e sulle Istituzioni tutte. Queste avrebbero dovuto contingentare l’affluenza del cittadino in farmacia. Definire il tipo di urgenza e necessità per cui il cittadino avrebbe potuto usufruire del servizio farmaceutico.

Dalle istituzioni non una parola, un chiarimento, un’indicazione

Ad esempio, si poteva acconsentire che tutti, benché muniti di ricetta medica o con comprovate esigenze terapeutiche, potessero fare approvvigionamento di farmaci, piuttosto che cosmetici e quant’altro, e non permettere a tutti coloro che volevano uscire di casa per noia con una scusa banale di riversarsi in uno dei pochi esercizi commerciali aperti anche h24: la farmacia. Altro aspetto importante è quello delle campagne pubblicitarie contro le fake news per smontare le psicosi del momento e i falsi miti. Guru del web e della Tv hanno causato la rottura di stock di acido ascorbico (Vitamina C), di guanti in lattice, alcool etilico e glicerolo per produrre la fantomatica amuchina. Per non parlare poi degli immunostimolanti presi in modo non controllato e scorretto. Mi rivolgo al Ministro della Sanità, chiedendo più strumenti e maggiore dignità per questa categoria di lavoratori evidentemente svantaggiata, per oggi e per il futuro. Questa situazione di emergenza faccia capire l’importanza della categoria che purtroppo, non a torto, è stata definita da una farmacista intervistata recentemente come ultima ruota del carro della sanità.

E sul fronte degli oneri economici e dei turni di lavoro dei farmacisti…

Per ora si potrebbe intervenire bloccando il pagamento dell’Enpaf. Riducendo il costo dell’ordine e, come da recente articolo 63 del DPCM n.18 del 17 marzo, l’incentivo in busta paga per i lavoratori che hanno prestato servizio in situazioni limite durante la pandemia. Incentivo che potrebbe essere lasciato in essere fino all’aggiornamento del vecchissimo CCNL. Oppure dare alla categoria tutta un’indennità mensile statale che “ricompensi” il lavoratore del settore. Sia in momenti come questi, che in momenti in cui si fronteggia la semplice influenza da H1N1 stagionale. E tutti i rischi di un mestiere che è volto al mantenimento della salute pubblica. Che evita a volte affollamento negli ospedali e negli ambulatori. E che è primo baluardo di cura e assistenza dell’ammalato.

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