Coronavirus, studio cinese rivela: il gruppo sanguigno A più sensibile di altri al contagio

20 Mar 2020 16:47 - di Redazione

Alcuni gruppi sanguigni, in particolare il gruppo A, potrebbero essere leggermente più vulnerabili al Coronavirus.

E’ uno studio dei ricercatori cinesi della Southern University of Science and Technology di Shenzhen, insieme ad altri colleghi, a svelare la correlazione fra gruppi sanguigni e possibilità di contrarre il Coronavirus.

È bene specificare che si tratta di uno studio non ancora sottoposto al cosiddetto peer-review, la “revisione alla pari”. Una procedura di selezione di articoli, proposti da membri della comunità scientifica, eseguita da specialisti nell’ambito in questione, i cosiddetti referee. Che ne valuteranno il contenuto e stabiliranno se il lavoro a loro sottoposto è idoneo per la pubblicazione.

Lo studio cinese che analizza il rapporto fra  Coronavirus e gruppi sanguigni è disponibile sul sito MedRxiv, che rimbalza sulla stampa internazionale.

I ricercatori cinesi sono arrivati a questa conclusione dopo aver analizzato campioni di sangue di 2.173 pazienti contagiati da Coronavirus. E ricoverati in tre ospedali nelle città cinesi di Shenzhen e di Wuhan, primo epicentro dell’epidemia.

A quel punto gli studiosi hanno confrontato i campioni estratti ai pazienti affetti da Coronavirus  con i dati di 3.694 persone sane a Wuhan e 23.386 a Shenzhen.

Ebbene, analizzando tutti i risultati, i ricercatori hanno concluso che “il gruppo sanguigno A presenta un rischio significativamente più elevato” di contrarre il Coronavirus rispetto ai gruppi non A.

Mentre i soggetti di gruppo zero “hanno un rischio significativamente più basso per la malattia infettiva“.

La differenza potrebbe essere spiegata da alcuni anticorpi presenti nel sangue.

Ma sono necessari ulteriori studi per confermare il fenomeno e spiegarlo, hanno avvertito gli autori della ricerca.

Lo studio potrebbe avere implicazioni per gli operatori sanitari che trattano pazienti affetti da Coronavirus, hanno aggiunto i ricercatori.

Quelli di gruppo A “potrebbero aver bisogno di una protezione personale particolarmente rafforzata per ridurre il rischio di infezione”. Ma gli stessi autori sottolineano il fatto che si tratta di un lavoro limitato, che mette in luce l’utilità di ulteriori studi.

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