Coronavirus, la salvezza è nell’isolamento: sindaci e nazioni costretti a fare un passo indietro
L’emergenza sanitaria e quella economico-finanziaria scatenata dall’epidemia di Covid-19 ha riproposto il ruolo fondamentale dello Stato-Nazione. Questa tragedia ci lascerà, tra le altre eredità, oltre all’esigenza primaria di tornare a vivere – produrre, consumare, redistribuire – anche quella di riflettere sul senso dello Stato e della sovranità nazionale. E conseguentemente, all’interno di queste categorie, sulle relazioni tra le Istituzioni locali (Comuni in primis), nazionali (Stato) e sovranazionali (come l’ineffabile Europa, che moltiplica gaffe, come quella della Bce di Christine Lagarde, o silenzi assordanti).
Epidemia da Covid 19, la salvezza è nell’isolamento
Quando si scatenano le calamità naturali abbiamo visto sempre giganteggiare, suo malgrado, la figura del Sindaco. Terremoti, alluvioni, frane: dove il territorio è ferito, e con esso le comunità che lo abitano, là c’è sempre stato un Sindaco che ha saputo mettersi a capo della cittadinanza per guidare i soccorsi, per razionalizzare gli interventi, per esprimere le necessità più urgenti. L’emergenza di Covid-19 è diversa e ha cambiato il paradigma della reazione alle calamità che eravamo abituati a combattere. Si tratta di una calamità pestilenziale. Non si scarica a terra ma aggredisce per via aerea. Questo aspetto non è secondario. Esiste una classificazione anche nelle catastrofi che si riflette nel tipo di reazione da allestire e sul soggetto istituzionale chiamato a organizzarla. Carl Schmitt, in “Terra e Mare” nei primi anni ’40 ha lungamente discettato sulle interferenze che le dinamiche spaziali producono sul concetto stesso di sovranità. Il Coronavirus rappresenta una minaccia che viene dall’esterno. Si propaga per via aerea e non conosce confini. In quanto tale impegna direttamente lo Stato e richiede strategie di contenimento di rango nazionale.
Le comunità locali destinatarie passive delle misure dello Stato nazionale
Le comunità locali sono destinatarie passive delle misure di contenimento decise a livello centrale e sono invitate a comportamenti quasi innaturali: tenere le distanze quando c’è una difficoltà sembra un atteggiamento irrazionale nella logica della Civitas. Invece oggi è doveroso. La salvezza è nell’isolamento. Restare a casa e diradare le relazioni significa in realtà rispettare il prossimo. Stato nazionale e Civitas comunale hanno da sempre uno snodo essenziale nella figura e nel ruolo istituzionale del sindaco. Flessibile, adattativo, funzionale. E in questa mutazione dei ruoli ai sindaci è toccata una flessibilità inattesa. Ho usato in questo senso la metafora calcistica secondo cui gli amministratori locali hanno svolto il ruolo che, nelle squadre di calcio, è tipico dei mediani di una squadra di calcio. Non più attaccanti. Non più protagonisti della prima linea, ma efficaci cucitori delle retrolinee. Gestori del centrocampo e delle sue infinite necessità di soluzioni di gioco.
Anche gli altri Paese costretti a un passo indietro…
Più in ombra continua a restare il contributo sovranazionale, europeo per intenderci, rispetto ai compiti e ai doveri dello Stato nazionale. Vengono in mente le parole di Roger Scruton – scomparso un paio di mesi fa – che si manifestava convinto che la civiltà europea riposasse sul mantenimento dei confini nazionali. E che l’Unione europea, in quanto finalizzata per dissolverli, «è diventata una minaccia per la democrazia europea», soprattutto perché a guidarla e a condizionarla sono due partiti, congenitamente antinazionali, come i socialisti ed i popolari. Nel suo “Essere conservatori” il compianto Scruton esprime un giudizio negativo sulla classe politica europea. Abile a «girare le questioni scottanti e delicate al comitato di burocrati irresponsabili. Ospitato in una spettrale torre di vetro, ubicata nella città-ostaggio di Bruxelles».
Il ruolo della sovranità nazionale
Come ha detto Giulio Sapelli in questi giorni a Radio24 troppi governanti nazionali guardano alla “carriera” nelle Istituzioni europee come sbocco del proprio impegno politico. Dimenticando e sottovalutando il ruolo della sovranità nazionale che si fonda sul consenso elettorale e non sulla cooptazione. I sindaci sanno bene queste differenze. E in questi giorni convulsi si sono disposti a fare le cinghie di trasmissione tra lo Stato centrale. Cui compete la decisione sulle modalità di vita da adottare e il territorio che deve applicarle. Diventano traduttori e interpreti di norme non sempre scritte chiaramente, nella fretta e nella novità che impone qualche improvvisazione. Non è sempre facile. In questi giorni I sindaci, gli assessori e, più in generale, gli amministratori locali, nel loro consueto “Triage istituzionale” si sono industriati a dirimere contraddizioni e perplessità amministrative che si sono addensate sull’applicazione concreta delle prescrizioni dettate dal Governo.
Il compito che spetta ai sindaci
Ai sindaci spetta di esercitare, tuttavia, un ruolo ancora più decisivo. Quello di incarnare e di sollecitare nelle comunità quel “patriottismo dei comportamenti” individuali da cui oggi dipende largamente la salvaguardia dell’Italia. Uno non vale uno, bensì uno salva tutti. Questo è il messaggio che incessantemente viene divulgato in ciascuno dei comuni italiani. Passata la tempesta avremo la certezza che all’ombra dei gonfaloni municipali, in queste settimane da tregenda, si è custodito quel senso di appartenenza nazionale che consentirà di riorganizzare il telaio organizzativo di un’Italia così duramente fiaccata dal virus. “Usque ad metam”. Fino alla meta.