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Coronavirus, il mondo è una borsa nera. Corsa degli Stati a rubarsi mascherine e attrezzature

Politica - di Lando Chiarini - 21 Marzo 2020 - AGGIORNATO 21 Marzo 2020 alle 19:04

C’è un’altra faccia della pandemia. Quella non dichiarata e perciò ben più subdola e insidiosa: la corsa tra gli Stati ad accaparrarsi mascherine e attrezzature sul mercato mondiale. A denunciarlo –  dalle colonne del Mattino di Napoli – non è il solito apocalittico in preda a sindrome da complottismo planetario, ma Domenico Mantoan, il presidente dell’Aifa, l’Agenzia per il farmaco. La pandemia da coronavirus sta trasformando il mondo in una gigantesca borsa nera e i governi in accaparratori che non badano a spese pur di procacciarsi il necessario (e anche di più) per dotare i propri ospedali. Esattamente come avveniva per uova, latte, zucchero e pane durante l’ultima guerra.

La pandemia spinge i governi all’accaparramento

Stiamo per precipitare nella giungla, la cui legge è semplice e spietata: prevale chi è più forte, cioè chi ha più mezzi e più influenza. Lo scenario peggiore che potesse capitare ad un’Italia povera di materie prime e con una curva demografica in picchiata verso il basso. Siamo una nazione anziana, dove a prevalere è l’istinto a preservare più che lo slancio creativo e vitale. Non per niente sono sanità e previdenza le voci più pesanti del bilancio pubblico. In più, siamo da tempo inchiodati a bassa crescita economica e – last but not least – abbiamo istituzioni politiche ridotte a colabrodo.

Il coronavirus e il “colabrodo” italiano

È il drammatico spettacolo di queste ore: contro il coronavirus ogni regione fa da sé e per sé replicando su scala nazionale la legge della giungla che si sta impadronendo del pianeta. Il governo centrale è semplicemente non pervenuto. Conte è un fuscello al vento, sospinto di qua e di là dalle mille autonomia che infettano l’Italia. Il premier non impone e non ordina. Tutt’al più consiglia e suggerisce. È l’esito letale della riforma del Titolo V della Costituzione. Lo descrive bene oggi Claudio Tito su Repubblica in un editoriale bello ma reticente. Perché omette di dire che quella sciagurata riforma è tutta farina della bisaccia della sinistra. Solo per questo – e scusate se è poco – i suoi capi meriterebbero eterna esecrazione da parte del popolo italiano. Purtroppo, invece, ancora lo governano.

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