Coronavirus, camici bianchi contro il ministro Speranza. «Siamo in prima linea, ma senza armi»

3 Mar 2020 12:53 - di Redazione
camici bianchi

Coronavirus a Milano. «State giocando con il fuoco». Duro monito lanciato da un gruppo di circa 60 medici di famiglia dell’area milanese. “Medici di medicina generale dal fronte”:  è questa la firma della lettera rivolta al ministro della Salute Roberto Speranza. Al presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana e all’assessore lombardo al Welfare Giulio Gallera.

Coronavirus, medici in trincea: siamo senza armi

«Inizia una nuova settimana di fuoco e, come sempre, saremo in trincea, in prima linea. Ma con quali armi?», chiedono i camici bianchi. «Nonostante le promesse e le rassicurazioni, finora i dispositivi di protezione individuale (Dpi) sono stati dati solo ai colleghi della zona rossa. Alla continuità assistenziale, al 112, al pronto soccorso, agli ospedali. Ma non ai medici di medicina generale».

Mancano ancora i dispositivi di protezione

«Noi – proseguono i medici – vogliamo continuare ad essere al fianco dei nostri pazienti. Ma come possiamo farlo efficacemente se non ci vengono dati gli strumenti minimali per difenderli? E difenderci? Siamo una delle ultime barriere contro l’estensione dell’infezione. Senza noi ci sarebbe l’assalto al pronto soccorso. Se il sistema non collassa, grande merito è anche per la nostra attività costante. Di triage, selezione, consiglio, visita. Pur continuando ad essere attivi per la quotidiana attività».

I camici bianchi dicono di avere la sensazione «che il nostro ruolo e i rischi spesso non sia da voi conosciuto/riconosciuto. Ormai sono sempre più i medici di famiglia in quarantena. O ricoverati e senza i dispositivi di protezione individuali.  Questo numero aumenterà sempre di più, con le conseguenze drammatiche che potete immaginare».

«Rischiamo di diventare bombe biologiche»

«Non solo», concludono, «rischiamo di ammalarci. Ma rischiamo di diventare delle bombe biologiche che possono propagare l’infezione. Non ci interessa sapere di chi è la colpa per la mancata consegna. Non vogliamo il solito capro espiatorio. Ma non possiamo più accettare questa sempre più assurda e pericolosa situazione. Facciamo nostro l’accorato invito di due colleghe della zona rossa. Se non volete che la situazione diventi sempre meno controllabile “mettete tutti i medici di medicina generale ancora sani in condizione di non ammalarsi”.

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