Comunità di recupero, le misure-anti-virus non penalizzino chi sta uscendo dal tunnel della droga

17 Mar 2020 12:48 - di Maurizio Gasparri
Comunità

Le comunità terapeutiche non possono chiudere. Tanto più davanti a un’epidemia come quella in corso che mette a serio rischio soprattutto le persone fisicamente più deboli. A paventare questo rischio è il decreto Covid numero 5 del governo. Un decreto che ha tantissime lacune e incongruenze, e che apre una voragine su tutte le strutture socio-assistenziali. Allo scopo di contenere e contrastare il diffondere del virus, si legge nel decreto, i centri a carattere socio-assistenziale, socio-educativo, polifunzionale, socio-occupazionale e sanitario devono sospendere, seppure temporaneamente, la loro attività.

Troppe lacune nel testo del decreto del governo

La ragione risiederebbe nella difficoltà di far rispettare le regole di distanziamento sociale. Il testo non è chiaro, ma appare evidente che una attività come quella delle comunità di recupero, ad esempio, non può essere soggetta a sospensioni. In queste strutture risiedono tanti ragazzi che stanno affrontando un lungo e difficile percorso di uscita dalla droga ed hanno bisogno del massimo sostegno. Un percorso che non si può chiudere come si spegne un interruttore. Molti ragazzi sono anche fisicamente, oltre che psicologicamente, fragili e non garantire loro assistenza equivarrebbe a lasciarli nudi in pieno inverno.

Proteggere le comunità terapeutiche per salvare centinaia di ragazzi

Abbiamo già chiesto al governo pubbliche rassicurazioni in tal senso, visto che quelle private valgono poco se poi si producono testi tanto raffazzonati. Che la situazione sia complessa è evidente e infierire su un governo vistosamente impreparato a fronteggiare una crisi come quella che stiamo vivendo sarebbe inutile. Tuttavia abbiamo il dovere di sollevare questa situazione per il bene di centinaia di ragazzi che rischiano di restare senza una casa, una famiglia, una comunità. Il governo dica chiaramente cosa intenda fare. Ci si attrezzi in ogni modo per garantire la salute di tutti in presidi sanitari essenziali. Ma non si chiudano le porte di casa a chi in quelle strutture sta faticosamente cercando una nuova vita.

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