Pelù come il Pci, la Lamborghini muta: classifica semiseria della seconda serata di Sanremo

6 Feb 2020 15:46 - di Valter Delle Donne

La seconda serata del Festival di Sanremo ha visto in gara gli ultimi dodici big (o perlomeno così sono stati catalogati), in vista della serata finale di sabato. Ecco a voi la nostra classifica, molto arbitraria e ancor più lapidaria.

Sanremo da ascoltare e da ridere

12 Junior Cally. Il testo di una sua canzone contro le donne è diventato più virale dei post di Osho. Fatta questa premessa, si fatica a prendere in considerazione una sua canzone. Si è presentato al Festival senza maschera per non farsi riconoscere? Il giudizio stavolta è un pregiudizio ed è già insito nel titolo: No, grazie.

 

 

 

 

11. Paolo Jannacci. Era dai tempi dei presentatori imberbi figli di genitori famosi (la banda dei Celentano, Bosè, Tognazzi) che non si vedeva una esibizione così imbarazzante. Come avrebbe detto il papà: “Se me lo dicevi prima”, cambiavo canale.

 

 

 

 

10. Rancore. Bello il messaggio, bello l’impegno, ma in mezzo a tante parole si fatica a trovare la musica. Da segnalare all’Agcom per pubblicità subliminale di una celeberrima marca di smartphone e computer. Senza Rancore.

 

 

 

 

9. Elettra Lamborghini. La musica scompare, ma la voce non è proprio pervenuta. Il brano è destinato a un grande successo, soprattutto tra gli adolescenti. Tipico esempio di canzone da Karaoke, utile per accrescere l’autostima. Chiunque può cantarla meglio di lei.

 

 

 

 

8. Vedi Giordana Angi e rivedi Mariella Nava 2.0.  Testo profondo e toccante, la sua esibizione un po’ meno. Sanremo fa tremare le gambe e la voce anche ai talenti veri.

 

 

 

 

7. Michele Zarrillo. All’esordio a Sanremo con “Una rosa blu”, Claudio Villa disse di lui che era l’unico giovane che meritava di stare lì su quel palcoscenico con lui. Dal complimento del Reuccio ne sono passate di canzoni sotto i ponti. Questa passerà un po’ più rapidamente delle altre.

Levante, femminista alla moda

6. Levante. Il migrante non va di moda quest’anno. Si porta tanto la violenza sulle donne, l’omofobia e l’emergenza climatica. Lei si scatena con una canzone dal titolo ingannevole. Niente di leggero. In realtà, è un pistolotto sulle donne che possono e devono fare come ‘azzo gli pare. Alla moda.

 

 

 

 

5. Piero Pelù. I suoi fan sono come i vecchi iscritti al Pci. Lui non cambia mai e loro lo votano per questo. Se vi sono piaciute le sue ultime 69 canzoni vi piacerà anche questa. Un inno alla resistenza (musicale).

 

 

 

 

4. Enrico Nigiotti. Guardi lui e pensi agli anni dei Festival di Drupi e di Nicola Di Bari. Oggi non li farebbero avvicinare all’Ariston. Da qualche anno si accettano solo maschi fighi, possibilmente tatuati. Brano ruffiano. Pronto per San Valentino.

I nostri primi tre brani di Sanremo

3. Pinguini Tattici nucleari. Lo Stato sociale sotto mentite spoglie. Brano accattivante, da gita scolastica dopo che gli insegnanti sono andati a letto. Per la prossima edizione suggeriamo un coro di alpini ubriachi. Costano meno e magari sono anche più divertenti.

 

 

 

 

2. Tosca. Voce, eleganza e cuore. Canzone sussurrata, elegantissima. Manco una scollatura, addirittura con le mollette in testa. Un brano così al Festival di Sanremo è come servire il sushi dal porchettaro.

 

 

 

 

1. Francesco Gabbani. Tre anni dopo Occidentali’s Karma si presenta senza scimmione, senza balletti o effetti speciali. Una canzone convenzionale, un testo traidizionale. Lui resta un interprete fuori dal comune.

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