Open Arms, così il Tribunale dei ministri di Palermo (3 donne) cerca di incastrare Matteo Salvini

4 Feb 2020 16:28 - di Redazione
Open Arms , terminato lo sbarco dei clandestini a bordo della nave della Ong spagnola

I 164 extracomunitari a bordo della Open Arms nell’agosto del 2019 a cui l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini impedì di sbarcare in Italia erano «angosciati dal ritorno in Libia». E c’era il rischio di «reazioni difficilmente incontrollabili» poiché i 164 immigrati erano costretti «a restare a poca distanza dalla costa. Che riuscivano comunque a vedere ma che non riuscivano a raggiungere».

Sono queste alcune delle motivazioni che le tre giudici del Tribunale dei ministri di Palermo –  – utilizzano nella richiesta di autorizzazione a procedere per Matteo Salvini e per il capo di gabinetto del Viminale Matteo Piantedosi. Accusati di sequestro di persona e omissioni di atti di ufficio per la vicenda Open Arms.

Open Arms, tentativi dei clandestini di nuotare verso le coste

Secondo le tre giudici, gli immigrati che lo scorso agosto si trovavano a bordo della nave spagnola “Open Arms”, davanti alle coste di Lampedusa, in attesa di un ordine di sbarco da parte delle autorità italiane, versavano in una «situazione di grande disagio, fisico e psichico, di profonda prostrazione psicologica. E di altissima tensione emozionale. Che avrebbe potuto provocare reazioni difficilmente controllabili».

«I diversi tentativi di raggiungere a nuoto l’isola costituivano solo un preludio», sostengono le tre donne del Tribunale dei ministri di Palermo. Che sottolineano «il grado di esasperazione in cui versavano» i clandestini «già stremati dalle durissime prove fisiche e psichiche subite prima del soccorso. Operato dalla Open Arms».

I tre magistrati del Tribunale dei ministri ritengono che gli extracomunitari fossero «angosciati dal terrore di venire respinti. E riportati in Libia». Questo, secondo Caterina Greco, Lucia Fontana e Maria Cirrincione, «rende intuitivo come non tanto il prolungamento anche di un solo giorno di navigazione» quanto «il fatto stesso di allontanarsi dalle coste italiane, ormai tanto vicine da poter essere raggiunte a nuoto, si sarebbe rivelato del tutto insostenibile ed incomprensibile».

E questo perché, secondo i magistrati, «sarebbe stato interpretato come un ulteriore esasperante allontanamento della fine delle loro sofferenze. Ed avrebbe, dunque, prevedibilmente provocato atti di ribellione. O un tentativo collettivo di lasciare la nave anche a nuoto. Pur a rischio della propria vita, comportando, nell’uno e nell’altro caso, seri rischi per la sicurezza».

Le tesi della psicologa salita a bordo della Open Arms

A supporto della propria tesi, le tre giudici citano quanto detto dalla psicologa che era salita a bordo con il procuratore capo di Agrigento Luigi Patronaggio. Cioè colui che aveva iscritto Salvini nel registro degli indagati. E che aveva ordinato il sequestro della Open Arms.
L’inchiesta passò, poi, per competenza a Palermo.

«E’ facile ritenere che queste persone, costrette a restare a poca distanza dalla costa, che riuscivano comunque a vedere ma che non riuscivano a raggiungere, provassero sentimenti di frustrazione evidente. E anche di disperazione. Si aggiunga, poi, che la circostanza per la quale alcuni» clandestini «che si erano gettati in mare poi erano stati condotti in terra, aveva causato ulteriori tensioni fra quelli rimasti a bordo. Che, evidentemente, non vedevano l’ora di toccare terra».

Sempre secondo le tre magistrate, Salvini e Piantadosi avrebbero violato le convenzioni internazionali non concedendo un porto sicuro alla nave Open Arms nell’agosto 2019.

«La condotta omissiva ascritta agli indagati, consistita nella mancata indicazione di un Pos (Porto sicuro ndr) alla motonave Open Arms, è illegittima». Perché viola, secondo Caterina Greco, Lucia Fontana e Maria Cirrincione, le «convenzioni internazionali» e i «principi che regolano il soccorso in mare». E, «più in generale, la tutela della vita umana, universalmente riconosciuti come ius cogens».

Tentativo di sequestro abusando dei poteri di ministro

In definitiva, per il Tribunale di Palermo, quello adottato da Salvini nei confronti dei clandestini a bordo della Open Arms fu «un tentativo di sequestro». Compiuto «abusando dei suoi poteri» di ministro dell’Interno pro-tempore. Un «fatto aggravato», scrivono le tre donne, perché «commesso da un pubblico ufficiale, con abuso dei poteri inerenti alle sue funzioni. Nonché per essere stato commesso anche in danno di soggetti minori di età».

La permanenza a bordo della Open Arms, sostiene il Tribunale dei ministri, creava ulteriori problemi di «salute (individuale e collettiva, fisica e psichica) di tutte le persone a bordo, compresi i membri dell’equipaggio».
La «sofferenza psichica dei soggetti rimasti a bordo» veniva evidenziata «dai sanitari che salirono sulla nave» Open Arms «quali consulenti nominati dal pubblico ministero».

Sempre secondo le tre donne magistrato, il divieto di sbarco per tutelare la sicurezza nazionale e «prevenire l’infiltrazione di soggetti pericolosi (con particolare riguardo anche al rischio terroristico)» non aveva ragion d’essere.

Sarebbe stata più funzionale «una completa e precisa identificazione delle persone» con la «possibilità di accertare se fossero presenti a bordo soggetti noti alle autorità» di pubblica sicurezza.

A bordo non c’erano armi né esplosivi né terroristi

Semmai, dice il Tribunale, andavano verificati «precedenti ingressi illegali». O «violazione di ordine di allontanarsi dal territorio dello Stato italiano, perché coinvolti da indagini in materia di associazione per delinquere finalizzata alla immigrazione illegale». O, anche la presenza di immigrati «precedentemente detenuti in Italia». E soggetti «segnalati da altre autorità di polizia come soggetti portatori di ”rischio terroristico”».

«Il risultato ottenuto – scrivono i tre magistrati – era quello di non consentirne l’accesso al territorio nazionale nell’immediato. Rinunciando, però, alla possibilità di un adeguato e consapevole monitoraggio di tali soggetti».

Dal punto di vista della sicurezza nazionale, dice la magistratura mettendo tutte e due i piedi in un ambito che è meramente politico-decisionale di competenza del ministro dell’Interno, sulla Open Arms non c’erano né armi, né condizioni di pericolo.

Salvini trattò la vicenda come immigrazione clandestina

Nessuno, sostiene la magistratura, «ha mai evidenziato alcun indizio di peculiari e concrete condizioni oggettive (come, ad esempio, la presenza di esplosivi o armi a spiccata potenzialità offensiva) o soggettive di pericolo conseguente allo sbarco sul territorio italiano delle persone a bordo». Un pericolo «del tutto insussistente, «come confermato dal prefetto Garroni e dal questore di Agrigento Iraci».

Matteo Salvini trattò la vicenda di Open Arms, accusa il Tribunale dei ministri, «come un episodio di immigrazione clandestina. E non come un evento Sar», di salvataggio in mare. Una decisione che Salvini prese «in linea con la politica adottata» fino a quel momento. Quando si verificavano «eventi di salvataggio eseguiti da navi private fuori dall’area Sar italiana. E senza il coordinamento di Imrcc».

Da questo punto di vista, l’allora ministro dell’Interno ha svolto un «indiscutibile ruolo di primo piano svolto» che, per certi versi» ha anche «rivendicato».
Di più, le tre giudici puntano il dito contro Salvini perché, sulla vicenda Open Arms ha agito «coerentemente con la politica inaugurata all’inizio del 2019» adottando «il decreto interdittivo dell’ingresso o del transito in acque territoriali italiane».

Giorgia Meloni: accuse pretestuose, un dovere lotta a clandestini

La magistratura richiama anche lo scambio di comunicazioni, soprattutto email, fra Matteo Salvini e l’allora presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, nelle ore concitate  della vicenda. Con Salvini che teneva fermamente la posizione su Open Arms e Conte, il sedicente e molto presunto “avvocato degli italiani”, che cercava di imporgli una scelta diversa. Aprendo i confini italiani allo sbarco dei clandestini.

«Anche le informazioni diffuse oggi confermano che sono totalmente infondate e pretestuose le accuse mosse a Matteo Salvini sul caso Open Arms, come in precedenza sulla Gregoretti», scrive su Facebook, Giorgia Meloni.

«Il contrasto all’immigrazione illegale di massa, favorita anche dalle iniziative molto ideologiche e poco umanitarie di alcune Ong, è un dovere di ogni governo. E, in particolare del ministro dell’Interno – avverte il presidente di FdI – Fratelli d’Italia difenderà in ogni sede il diritto dei membri del governo ad agire per la difesa dei confini italiani. E contro la deriva di chi vorrebbe far passare il principio che l’immigrazione è un diritto che non può essere limitato».

Commenti

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  • Paoletto Pinna 4 Febbraio 2020

    Sono senza parole.

  • pappagone 4 Febbraio 2020

    Viva L’Italia e Matteo Salvini.

  • maurizio pinna 4 Febbraio 2020

    Per anni ci siamo scervellati per capire chi comandasse le FFAA (piccola lacuna della Costituzione), ora è chiaro: il potere giudiziario in situazioni di emergenza o conflitto di fatto emana ordini di dettaglio alle FFAA, non solo , se un Ministro compie un atto illegale non se la prende con il suo Superiore, no perchè il Superiore non ha facoltà di rimuoverlo, può solo ammonirlo. Ma i badogliani dei piani alti con quale faccia siedono nei consessi internazionali?