Il caso Occhionero, quando la “legge è uguale per tutti” è solo uno slogan-falsità
Dalla lettura dei giornali non è chiaro se l’onorevole Giuseppina Occhionero, eletta con Leu e poi trasmigrata in Italia Viva, per la quale la Procura di Palermo ha depositato l’avviso di conclusione delle indagini, risulti indagata solo per concorso in falso. Non è chiaro anche perché il profilo social della diretta interessata è quanto mai silente. Fosse realmente così, buon per lei. Se la caverebbe davvero a buon mercato dal momento che il suo portaborse (e concorrente nel reato) ha un curriculum criminale degno di Al Capone. È così: Antonello Nicosia (questo è il suo nome), ora in carcere per associazione mafiosa, aveva già una condanna definitiva per traffico di droga, un’altra per appropriazione indebita e ben tre per ricettazione, quando è stato ingaggiato dalla Occhionero. Che lo aveva introdotto in tre carceri come proprio collaboratore prima di formalizzarne il contratto. Da qui l’accusa di falso.
La Occhionero è accusata di falso senza aggravante mafiosa
Ben poca cosa – ripetiamo – se solo si pensa che una volta dentro il penitenziario il Nicosia si tratteneva amabilmente a parlare con boss e mammasantissima senza disdegnare di riceverne i pizzini. Alla presenza dell’onorevole, se ne deve dedurre alla luce delle rigide norme che regolano le visite in carcere dei parlamentari. Stupisce, quindi, e non poco, se con tutto questo bendiddio (si fa per dire) l’imperturbabile Occhionero se la sia cavata con un’accusa di falso mondata dall’aggravante mafiosa. Strano, perché solitamente il temutissimo art. 7 della legge 203/91 le procure antimafia non lo negano a nessuno. Proprio come i famosi sigari di Churchill.
In altri casi l’art. 7 della legge antimafia ha distrutto vite e carriere
Basta scorrere le cronache giudiziarie degli ultimi anni per avere idea del numero di indagati eccellenti seppelliti sotto il macigno della «circostanza aggravante». Vero è che spesso la stessa non resiste al vaglio dei giudici. Ma è altrettanto vero che prima di assaporare quel verdetto liberatorio trascorrono anni, nel corso dei quali cambiano vite e carriere. Buon per la Occhionero, quindi, se – e sottolineiamo se – a lei gli inquirenti contestano solo il falso. Vorrà dire che per tutti gli altri, quelli dalle vite rovinate e dalle carriere spezzate, apparirà ancor più nitido che non è tanto la legge a dover essere uguale per tutti quanto chi è tenuto a farla rispettare.
in ITALIA la LEGGE E’ UGUALE PER TUTTI
ma………….non TUTTI SONO UGUALI DAVANTI ALLA LEGGE
ci sara’ un motivo ””’