Busta paga, come cambia faccia l’Irpef: ecco chi ci può guadagnare e chi ci può rimettere
L’Irpef riguarda oltre 40 milioni di contribuenti. Ha avuto un gettito superiore a 170 miliardi nei primi undici mesi del 2019. Il che vuol dire più di un terzo del totale.In sostanza è la fetta più importante nella “torta” delle entrate tributarie italiane. Nata con la riforma tributaria del 1973, l’Irpef passa all’esame del governo che – in linea teorica – punta a semplificare un regime diventato in quasi cinquant’anni estremamente complesso.
Irpef, i cinque scaglioni attuali
Ad oggi si prevedono infatti ben cinque scaglioni: il 23% fino a 15mila euro di reddito; il 27% oltre 15mila e fino a 28mila euro di reddito; il 38% fino a 55mila; il 41% fino a 75mila e il 43% oltre questa soglia. Il tutto corredato da un ampio ventaglio di eccezioni e una selva di detrazioni. Questo crea – secondo gli esperti – potenziali rischi di iniquità.
Cosa accade a partire dal 1° luglio
A partire dal 1° luglio il nuovo bonus Irpef sarà erogato in due modi diversi in base al reddito. Nello specifico, fino a 28.000 euro di reddito sarà percepito come credito in busta paga. Per i redditi più alti, dai 28.001 fino a 35.000 euro, sarà erogato come una detrazione fiscale pari a 80 euro. Infine, per i redditi tra i 35.001 e 40.000 euro, l’importo della detrazione diminuisce gradualmente con l’aumentare del reddito, fino ad azzerarsi.
Il modello francese a tre scaglioni
L’obiettivo è la semplificazione del regime, ma non c’è tuttavia intesa sulle strade da seguire. Taglio scaglioni tout court? Modello tedesco? Modello francese? Le formule al centro del dibattito abbondano. Si evocano i regimi in uso nelle maggiori economie europee. La prima ipotesi si basa sul modello francese. Prevede la riduzione degli scaglioni Irpef da cinque a tre da calcolare secondo un coefficiente basato sul numero dei componenti familiari. In base al regime in uso Oltralpe, il totale delle entrate della famiglia viene ripartito per ogni familiare. Così si tassa il reddito medio pro-capite di ciascuno invece di quello unitario. Il risultato è che la tassazione cala all’aumentare del numero dei componenti.
Il modello tedesco e la rimodulazione dell’Iva
Il modello tedesco prevede invece un’aliquota progressiva, una tassa teoricamente piatta che cresce in base al reddito. Così crea un’aliquota ad hoc per ciascun contribuente. E’ invece diventata un tabù per il governo in carica ogni ipotesi di rimodulazione dell’Iva. Entrata a intermittenza nei tavoli del confronto tecnico e politico l’ipotesi viene sempre depennata per la sua alta impopolarità.
Irpef, si aspettano anche le conclusioni del Mef
Certo è che di riforma dell’Irpef si parla da circa 20 anni e le risorse per semplificare “abbassando le tasse a qualcuno e non alzandole a nessuno”, per citare le parole del ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, sono scarse. Altri dettagli potrebbero emergere da nuove riunioni al Mef, dopo quella di maggioranza delle scorse settimane