Tap, a processo 25 attivisti grillini per le proteste al cantiere di Melendugno
Processo a Lecce per 25 attivisti No Tap che hanno protestato contro la costruzione del Trans Adriatic Pipeline. Che trasporterà gas dall’Azerbaigian all’Italia. Sono accusati di partecipazione a manifestazione non autorizzata. Blocco stradale. E insulto a un pubblico ufficiale. In occasione della protesta del novembre 2017 nel comune di Melendugno.
Tap, a processo 25 attivisti per gli incidenti a Melendugno
Sei di loro sono stati accusati di aver bloccato la strada. E i veicoli della società di sorveglianza che lavora per Tap. Tre sono accusati dell’offesa al pubblico ufficiale. E 9 saranno processati per «violenza privata» nel blocco Tap. Durante la notte del 13 novembre, la Prefettura emise un’ordinanza che istituiva una «Zona Rossa» attorno al cantiere.
A giudizio anche i vertici della multinazionale
A processo anche i vertici della multinazionale. Il country manager Michele Elia, insieme ai dirigenti della società appaltatrice, Saipem. E diverse imprese salentine coinvolte nel cantiere del gasdotto.
«Chiederemo a Tap un risarcimento miliardario. Per il danno d’immagine causato alla Puglia con la costruzione del gasdotto a Melendugno. La cui procedura di localizzazione viene dichiarata illegittima dalla Procura di Lecce». Così il governatore , Michele Emiliano commentando la citazione a giudizio nel processo che si aprirà l’8 maggio prossimo.
Emiliano chiede risarcimento miliardario
In caso di condanna, dunque, Emiliano annuncia una richiesta di risarcimento miliardaria. La Regione si è costituita parte civile. Insieme al ministero dell’Ambiente e a molti sindaci del Salento. In testa Marco Potì, primo cittadino di Melendugno. L’inchiesta riguarda una serie di reati ambientali. Tra i quali aver realizzato il tratto finale del gasdotto su aree sottoposte a vincolo paesaggistico. Senza autorizzazioni e lo sversamento di acque reflue industriali. Che avrebbero contaminato con sostanze pericolose la falda acquifera.
Siamo alle solite. Tutti pensano che le opere vadano fatte, ma nel giardino degli altri. Diversamente le solite problematiche dei danni al sottosuolo, falde acquifere, etc. E poi risarcimenti miliardari, e chi più ne ha più ne metta. Meno male che in passato c’era una diversa mentalità ed una magistratura saggia, altrimenti andremmo ancora a caccia con la clava