Mozambicana condannata a 30 anni per l’omicidio del marito: pena dimezzata in appello
Le hanno praticamente dimezzato la pena: condannata in primo grado a 30 anni per aver ucciso a coltellate nel 2017 il marito, ieri una 66enne mozambicana si è vista ridurre la pena a 16 anni. Perché la Corte d’Assise d’Appello di Torino ha escluso l’aggravante della premeditazione. E concesso le attenuanti generiche.
La protagonista della vicenda è una signora 66enne mozambicana, Ana Fernando Nhare, operatrice sanitaria. Che nell’agosto del 2017, in un Comune dell’alessandrino, Basaluzzo, aveva accoltellato il marito, ex-dipendente Eni.
Il grave fatto di sangue contro il marito, il 69enne Walter Corradini, era avvenuto al culmine di un’esplosione di violenza ai danni del figlio della coppia.
Un ragazzo fragile, che, all’epoca aveva 24 anni, oggi affidato ad una Comunità. La mozambicana si trova, da tre anni, reclusa in carcere. Aveva colpito il marito con otto fendenti, al volto, alla schiena e al petto, con un coltello da cucina con una lama da 20 centimetri all’interno del bagno.
Era stato il ragazzo, sentendo le urla dell’uomo, ad accorrere in bagno e a bloccare, a fatica, la furia della donna che si stava avventando sul corpo del marito.
Davanti alla Corte d’Assise d’Appello di Torino, l’avvocato Caterina Biafora, difensore della donna mozambicana, ha fatto leva oltre che sugli aspetti giuridici, sul lato umano della vicenda. E ha sostenuto che, per circa 25 anni, la sua assistita avrebbe subito violenze fisiche e morali dal marito.
Il legale di Ana Fernando Nhare ha raccontato ai giudici che la mozambicana ha vissuto in una situazione fragile e conflittuale, da cui non le era stato possibile allontanarsi. E che avrebbe reagito quando la vittima dell’esplosione di violenza era stata il figlio.
Secondo l’avvocatessa che assiste Ana Fernando Nhare, nel 2010 Walter Corradini avrebbe anche cercato, senza riuscirvi, di avvelenare la moglie con il mercurio. Ma i magistrati lo avevano assolto.
Addirittura i denti della mozambicana «sono finti perché rotti dalla violenza del marito. E non sente da un orecchio sempre per colpa di quello che ha subito».
«Sono molto contenta che la Corte sia riuscita a vedere il lato umano della vicenda. Escludendo la premeditazione. E concedendo le attenuanti generiche», dice il legale della mozambicana.
«Ora, però, c’è ancora molto da fare. Perché il prossimo passo è la Cassazione. Dove spero venga riconosciuta la scriminante della legittima difesa».