Licenziato per un selfie al comizio di Salvini. E’ un sindacalista della Cgil

26 Gen 2020 15:38 - di Redazione
Licenziato

Licenziato perché è andato a un comizio di Matteo Salvini. E si è fatto un selfie col leader leghista. Ad urne aperte in Emilia Romagna la notizia, che ha del clamoroso, fa il giro della rete.

Stiamo parlando del caso di Christian Lanzi, delegato Filt-Cgil, e già candidato con la Lega e il centrodestra nel suo comune, a maggio. Vive a Granarolo, ha moglie e tre figli. Ma la sera del 22 gennaio è arrivata per lui la lettera di licenziamento dalla ditta A3S, che lavora all’interporto di Bologna. Un provvedimento che da subito è apparso avere un carattere punitivo.

Il motivo? L’uomo era in malattia ma si è recato a un incontro elettorale con Salvini allo zuccherificio di Minerbio. Era lo scorso 18 novembre. Lanzi è andato a quell’incontro ma non nelle ore in cui per legge doveva trovarsi a casa. In un orario, insomma, in cui poteva muoversi liberamente. Nonostante questo, l’azienda lo ha licenziato: “Era in buona salute, e intento a farsi fotografare”. Un comportamento, recita la missiva dell’azienda, che ha indispettito i suoi colleghi “anche in considerazione della sua carica sindacale”. Punito doppiamente, quindi, perché leghista e perché sindacalista.

Lanzi tramite i suoi avvocati si difende: la malattia di cui soffre è la depressione, sono stati i medici a raccomandargli di uscire di casa, “ovviamente fuori dalle fasce di reperibilità”. Il tipo di patologia certificata non lo obbliga, quindi, a restare chiuso tra le mura domestiche. Lanzi giura di avere sempre rispettato le fasce di reperibilità: dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19. L’evento con Salvini dove è stato “pizzicato” dalle telecamere di un tv locale era alle 15. Subito dopo avere preso i bimbi a scuola a Granarolo, alle 16,30, Lanzi si è recato a casa. Non ci sarebbero dunque le condizioni per un licenziamento per giusta causa. Arrivato, ad avviso di Lanzi, perché l’azienda è contraria alla Lega.

Commenti

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  • Gian 26 Gennaio 2020

    Stabilito che sono di destra devo dire che se era in malattia doveva restare in casa.
    I sindacalisti sono quasi tutti dei lecchini, sfaticati e voltagabbana.
    Hanno fatto bene a sbatterlo fuori.

  • maurizio pinna 26 Gennaio 2020

    Prima il ristoratore che sbarra le porte ai “pericolosi fascisti”, poi quello che “ti augura di morire” se voti male, ancora il “gran capo” che minaccia i sindaci e adesso il sindacalista “buttato fuori”. C’è un compagno che da 15 anni mena il torrone con la camorra: riscriviamolo oggi il “Romanzo Criminale”!!!!!