Don Milani contro Gentile: il disastro della scuola italiana è servito

21 Gen 2020 15:15 - di Mario Bozzi Sentieri
scuola

Scuola da rifondare. Riceviamo da Mario Bozzi Sentieri e volentieri pubblichiamo: caro Direttore

Archiviata, dopo le rettifiche del caso, la vicenda della scuola romana. Che, sul proprio sito internet ha messo improvvidamente in evidenza di avere una sua sede composta da allievi solo di “ceto medio alto e di figli dell’alta borghesia”; con un altro plesso frequentato da “alunni di estrazione sociale medio-bassa”;  rimane, al fondo, lo stato della Scuola italiana a ricordarci le inadempienze di un’Istituzione cardine. Dalla Scuola passa l’identità collettiva nel rapporto immediato con le nuove generazioni. La Scuola è specchio e modello del Paese. Per questo richiederebbe maggiore attenzione e più puntuali interventi da parte di chi ha responsabilità di governo. Purtroppo non è così. E non a caso.

Scuola smontata, pezzo dopo pezzo

Essere consapevoli dei problemi della Scuola italiana necessita infatti di un’idea di futuro che la politica italiana non sembra avere. Il limite dell’attuale approccio all’ “istruzione” è infatti, quando c’è, l’ordinarietà: rattoppare gli istituti scolastici (vecchi e fatiscenti). Migliorare i livelli retributivi degli insegnanti (sempre più bassi rispetto a quelli dei colleghi europei). Informatizzare l’operatività interna ed esterna. Di più non sembra esserci, nella diffusa inconsapevolezza del valore della Scuola. “Non ci siamo accorti di come, pezzo dopo pezzo, venivano smontate parti decisive di quella scuola dove la maggior parte di noi è cresciuta. Parti che venivano sostituite con materiali fasulli, conditi di propositi tanto altisonanti quanto in sostanza vuoti. Che ogni volta lasciavano le cose un po’ peggio di prima”. Come ha scritto Ernesto Galli della Loggia in L’aula vuota. Come l’Italia ha distrutto la sua scuola.

Sono rimasti i detriti

Ciò che è rimasto sono i detriti di quei “propositi altisonanti”: il livellamento antimeritocratico: (“Non bocciare”, si legge in Lettera a una professoressa, testo cult degli Anni Sessanta); l’idea che “tutti sono adatti a tutte le materie”; “pieno tempo” come arma anticlassista che  “caccia i ricchi”; e poi – sempre più – il depotenziamento del ruolo dell’insegnante, con la sua ovvia frustrazione; la “diseducazione” delle famiglie, disilluse – non poteva non essere altrimenti – riguardo alla funzione sociale della Scuola.
La Scuola di Barbiana di don Milano contro Giovanni Gentile ci ha portato a questi risultati. Prenderne atto non basta. Da qui bisogna partire. Magari riscrivendo i principi che debbono stare nuovamente alla base degli orientamenti scolastici. Dando concreta realizzazione al dettato costituzionale in tema di libertà d’insegnamento;  di libero accesso all’istruzione (e quindi con un autentico confronto competitivo tra Scuola pubblica e scuole private);  di autentico riconoscimento del diritto allo studio a favore dei “capaci e meritevoli”.

E’ proprio per uscire fuori da visioni “di classe”, che occorre identificare chiari percorsi meritocratici. Gli unici peraltro che possono rimettere in moto il cosiddetto “ascensore sociale”, in grado di ridare dignità all’insegnamento ed autorevolezza agli insegnanti. Occorre di riconoscere il valore dello studio; fare ritrovare alle famiglie un percorso di crescita sociale per i loro figli. E riconnettere Scuola e mondo del lavoro.

Al di là dei principi costituzionali c’è bisogno di una nuova “Carta della Scuola” che indichi priorità e riordini i percorsi scolastici su basi meritocratiche, facendo ritrovare – per dirla ancora con Galli della Loggia – “la tradizionale centralità che nell’istruzione dell’Occidente ha avuto, fino a tempi recenti, la cultura umanistica con i suoi insegnamenti”. Di un nuovo Umanesimo c’è insomma bisogno, di un Umanesimo della Cultura e del Lavoro. Da lì può partire non solo la Ricostruzione della Scuola ma dell’intera società.

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