Renzi, i pm svelano il tariffario per parlare con lui. «Centomila euro all’anno»
Centomila euro per un incontro vis à vis con Matteo Renzi. È la tariffa, secondo i pm, che Alberto Bianchi – ex capo della Fondazione Open – e amico personale del leader di Italia Viva avrebbe chiesto in occasione delle cene riservate.
Si allarga a macchia d’olio l’inchiesta della Procura di Firenze sulla fondazione “renziana” presieduta fino al 2018 proprio dall’avvocato Alberto Bianchi. Nel mirino dei magistrati ci sono tutte quelle società che hanno finanziato le attività e le iniziative politiche del fu presidente del Consiglio, oltre che l’appuntamento della Leopolda.
Renzi e l’inchiesta su Open
Ora la vicenda si arricchisce di un un nuovo capitolo. A svelarlo è La Repubblica. Il quotidiano scrive che nel fascicolo dell’inchiesta su Open, che tocca da vicino anche l’ex segretario del Partito Democratico, ci è finita anche la mail inviata agli imprenditori del cosiddetto “Giglio Magico” proprio dall’avvocato Bianchi. Rep, a tal proposito, scrive di “fondi in cambio di interlocuzioni col futuro premier”. Per l’accusa, si legge su Repubblica, tre le intromissioni nelle decisioni del governo per favorire il gruppo Toto, tra i finanziatori della Fondazione.
Renzi, ecco cosa scrivono i pm
Sotto la lente di ingrandimento degli investigatori c’è una email risalente al novembre 2013 firmata appunto Alberto (Bianchi) e Marco (Carrai) e indirizzata a imprenditori possibili finanziatori. Come Davide Serra, Vito Pertosa, Beniamino Gavio, Luigi Scordamaglia. «La fondazione – scrivono i pm Luca Turco e Antonino Nastasi – ha necessità di reperire risorse. E offre la possibilità di periodiche interlocuzioni con Renzi Matteo», riporta Rep. Rep cita le toghe che parlano anche di “impegni reciproci”. «Supporto di centomila euro all’anno per cinque anni. Sostegno di idee, suggerimenti, proposte per Matteo e per la Fondazione. Interlocuzioni con Matteo sia dirette, sia tramite Alberto e Marco». Ma il ruolo di Bianchi, scrive Repubblica, va ben oltre. E sconfina, secondo gli inquirenti, nel finanziamento illecito ai partiti e nel traffico di influenze.
Il caso Toto
Compare l’affaire Toto. La società Gruppo Toto era appunto cliente di Bianchi e allo stesso tempo figurava tra i principali finanziatori di Open, oltre che degli allora “Comitati per il Sì” in vista del Referendum del 4 dicembre 2016 sulla riforma della Costituzione, bocciato dal 60% degli italiani.
Ed ecco, scrive Repubblica, come viene interpretato dai magistrati il caso Toto. «Le operazioni di trasferimento di denaro dal Gruppo Toto a Bianchi, e quindi da Bianchi ad Open (articolazione del partito) risultano in effetti dissimulare un trasferimento diretto dal Gruppo ad Open, laddove una pluralità di soggetti della fondazione (Bianchi, Carrai, e Lotti) si sono interessati all’accordo transattivo Toto-Austrade e, taluni (Bianchi), anche a modifiche normative inerenti il settore delle infrastrutture autostradali».
I pm: tre intromissioni nelle decisioni del governo
Inoltre, si legge sempre su Repubblica, a proposito di Toto, i magistrati sospettano una potenziale intromissione dell’avvocato Bianchi «nei percorsi normativi di tre importanti dossier sui tavoli del governo, tutti di grande interesse per il Gruppo, chiamato, dopo i terremoti dell’Aquila (2009) e di Amatrice (2016), a mettere in sicurezza antisismica le due autostrade A24 e A25». Per un’operazione complessiva da 265 milioni di euro.