Open, indagato anche Marco Carrai. Renzi: «Sono i giudici a decidere che cos’è un partito?»

27 Nov 2019 12:03 - di Redazione

Anche Marco Carrai è coinvolto nell’inchiesta sulla fondazione Open. L’imprenditore fiorentino, stretto collaboratore di Matteo Renzi, è stato perquisito dai militari della Guardia di Finanza. Nell’ambito dell’inchiesta sulla fondazione che finanziato molte iniziative politiche dell’ex premier. Leopolda compresa. Carrai faceva parte del Cda della Open di cui era presidente l’avvocato Alberto Bianchi. Anche lui indagato per traffico di influenze illecite e finanziamento illecito dei partiti.

Open, indagato anche Carrai

Secondo l’accusa l’imprenditore renziano sarebbe stato il consigliere di riferimento di parte dei finanziatori su cui si è diretta l’attenzione della procura di Firenze. «So di non aver commesso reati. E di aver sempre svolto i miei compiti rispettando la legge». Sono le prime parole di Carrai dopo la notizia dell’iscrizione nel registro degli indagati.

La reazione di Renzi: tutto trasparente

Durissima la reazione di Renzi di fronte alla retata e alle perquisizione in undici città italiane. L’ex segretario dem evoca il complotto e la gogna mediatica. «La decisione è stata presa dai pubblici ministeri di Firenze, Creazzo e Turco, titolari anche di altre inchieste. Sono loro, ad esempio, ad aver firmato l’arresto per i miei genitori. Provvedimento  che è stato annullato dai magistrati del Tribunale del Riesame». Scrive a caldo in un lungo post  su Facebook. Oggi torna all’attacco «Entrate e Uscite di sono tutte tracciate. Trasparenza al massimo. Magari le altre fondazioni fossero state trasparenti come Open», scrive su Twitter. E ancora: «Era una fondazione, non un partito. Sostenere il contrario per mandare 300 finanzieri a perquisire all’alba famiglie per bene, non indagate, colpevoli solo di aver finanziato in modo trasparente la politica, è sorprendente. E non era mai accaduto prima nella democrazia». Insomma, incalza, chi decide cosa è un partito?

Chi decide cosa è un partito? La politica o i giudici?

«Due giudici fiorentini decidono che Open non è una fondazione ma un partito. E quindi cambiano le regole in modo retroattivo. Ma come? Se era una fondazione, come può essere finanziamento illecito a un partito? E allora chi decide oggi che cosa è un partito? La politica o la magistratura? Su questo punto si gioca una sfida decisiva per la democrazia italiana. Chiameremo in causa tutti i livelli istituzionali per sapere se i partiti sono quelli previsti dall’articolo 49 della Costituzione. O quelli decisi da due magistrati fiorentini».

«Le spese di Open sono tutte tracciate», scrive a sua volta su Facebook il capogruppo di Italia Viva al Senato, Davide Faraone. «Ieri dopo il post di Matteo, da tutta Italia, sono arrivati oltre cinquemila euro in versamenti da cinque e dieci euro. Ringraziamo questi cittadini generosi, perché siamo convinti che la risposta dal basso è quella che ci salverà. Noi siamo la trasparenza fatta partito. E non ci lasceremo mai intimidire, da niente e da nessuno».

L’inchiesta è partita a settembre

Open è strettamente legata a Matteo Renzi e alla sua ascesa politica. I suoi consiglieri erano oltre a Carrai, Maria Elena Boschi e Luca Lotti. L’inchiesta, da cui sono scaturite le perquisizioni a tappeto, è emersa nel settembre scorso. Quando a Firenze venne perquisito lo studio dell’avvocato Alberto Bianchi. Ex presidente della Open, indagato per traffico di influenze illecite. Tra i documenti sequestrati  i bilanci della Open e la lista dei finanziatori della fondazione. Secondo la procura di Firenze la Fondazione avrebbe agito come articolazione di partito politico. Come testimonierebbero ricevute di versamento da parte di alcuni parlamentari. E alcuni rimborsi ai parlamentari da parte della fondazione.

Salvini garantista: «Non commento»

I grillini si precipitano a cavalcare politicamente la vicenda giudiziaria che coinvolge gli ambienti del leader di Italia Viva. «Oltre al traffico di influenze illecite, sarebbero contestati anche i reati di riciclaggio e auto-riciclaggio», si scatena Di Maio. «Non è la prima volta che succede una cosa simile. C’è un problema serio per quanto riguarda i fondi e i finanziamenti che ricevono i partiti. Che finalmente abbiamo disciplinato con la nuova legge anticorruzione». Ben diversa la posizione dell’opposizione. All’insegna del garantismo le parole di Matteo Salvini. «Non commento cose che non conosco, non ho elementi per giudicare. Non posso né condannare, né assolvere, non è il mio lavoro».

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