Pescara, maxi rissa tra detenuti e incendio in carcere. La protesta del Sappe

20 Dic 2019 13:17 - di Redazione

Situazione di estremo pericolo all’interno del carcere di Pescara, dove mercoledì si è consumata una maxi rissa tra detenuti. L’emergenza nelle carceri italiane, sia sotto il profilo sanitario che dell’ordine pubblico, è sempre più stringente. «La situazione è stata davvero pericolosa», denuncia il segretario Provinciale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe Felice Rignaese.

La rissa nel carcere di Pescara

«Nel pomeriggio di mercoledì si è verificata una rissa tra circa 30 detenuti di nazionalità algerina, africana ed italiana. Gli Agenti di Polizia Penitenziaria intervenuti sono comunque riusciti a dirimere la rissa alla nella 2a sezione giudiziaria. Sezione a regime aperto con 60 reclusi ma un agente è rimasto contuso».

«Durante le  stesse ore pomeridiane del 19 dicembre in un altro reparto, in camere adibite ad isolamento altri due detenuti provocavano un importante incendio. Che ha visto alcuni agenti impegnati durante le operazioni d’intervento colti da malore ed un assistente capo coordinatore ha riportato la frattura a due dita della mano. L’istituto pescarese ha di fatto una carenza tragica di personale in quanto allo stato ne mancherebbero circa 40 di unità di Polizia Penitenziaria. Senza contare che nei prossimi mesi altre 10 unità andranno in quiescenza con un istituto che contiene 405 detenuti. Di cui circa 60 sono affetti da malattie psichiatriche. Si chiede un intervento al ministero della Giustizia per attenzionare la grave situazione in cui versa l’istituto di Pescara. Sia per la carenza organica di poliziotti penitenziari e per il sovraffollamento  di detenuti del doppio rispetto ai limiti tollerabili».

Il Sappe accusa il sistema penitenziario

Il Sappe, attraverso il segretario generale Donato Capece, mette sotto accusa il regime penitenziario aperto in atto nell’Istituto di pena pescarese, ma non solo. «Le carceri sono più sicure assumendo gli agenti di Polizia penitenziaria che mancano, finanziando e potenziando i livelli di sicurezza delle carceri. Altro che la vigilanza dinamica, che vorrebbe meno ore i detenuti in cella senza però fare alcunchè. Al superamento del concetto dello spazio di perimetrazione della cella e alla maggiore apertura per i detenuti deve associarsi la necessità che questi svolgano attività lavorativa. E che il personale di Polizia Penitenziaria sia esentato da responsabilità derivanti da un servizio svolto in modo dinamico.Che vuol dire porre in capo a un solo poliziotto quello che oggi fanno quattro o più agenti, a tutto discapito della sicurezza».

«Le idee e i progetti dell’Amministrazione Penitenziaria, in questa direzione, si confermano ogni giorno di più fallimentari e sbagliati. La tensione resta alta nelle carceri. Altro che dichiarazioni tranquillizzanti, altro che situazione tornata alla normalità. È sotto gli occhi di tutti che servono urgenti provvedimenti per frenare la spirale di tensione e violenza. Una spirale che ogni giorno coinvolge, loro malgrado, appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria nelle carceri italiane, per adulti e minori», conclude il Sappe.

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