Molti detenuti stranieri: nelle carceri italiane aumentano i casi di tubercolosi
Aumentano i casi di tubercolosi nelle carceri italiane. Sul dato pesa l’alta presenza di detenuti stranieri. Lo rivela il XX Congresso della Società italiana di medicina e sanità penitenziaria (Simspe). È intitolato “Il carcere è territorio”. Il congresso riporta i dati ufficiali del ministero della Giustizia.
Un terzo della popolazione carceraria è straniera. La diffusione della tubercolosi viene quindi messa in relazione con «il collasso di sistemi sanitari esteri» e «con il movimento delle persone». In sintesi, con la forte presenza di migranti. Una presenza che in carcere raggiunge percentuali più alte che nel resto della popolazione. Nei penitenziari, spiega una nota diffusa dal Simspe, «si riscontrano tassi di tubercolosi latente molto più alti rispetto alla popolazione generale». C’è una differenza notevole: a fronte di Tbc latenti, cioè di portatori non malati pari all’1-2% fra tutti gli italiani, nelle strutture penitenziarie la percentuale sale al 25-30%. «E aumenta a oltre il 50% se si considera solo la popolazione straniera».
Per la tubercolosi si teme un super bacillo
«Anche se stiamo parlando non di malattia attiva, ma solo di contatti con il patogeno – ha spiegato il direttore scientifico del Simspe, Sergio Babudieri – un detenuto su due risulta essere tubercolino-positivo e questo sottintende una maggiore circolazione del bacillo tubercolare in questo ambito». «È quindi indispensabile – è stato l’avvertimento – effettuare controlli estesi in questa popolazione, perché il rischio che si possano sviluppare ceppi multiresistenti è molto alto, con conseguente aumento della letalità nei pazienti in cui la malattia si sviluppa in modo conclamato».