Panettoni e Pandoro non abitano più a Milano. Negli Usa si vendono i “made in Brazil” e Perù…

25 Dic 2019 19:25 - di Redazione
panettoni

Panettoni e pandoro italiani a rischio. Milanesi o veronesi? No, brasiliani o anche peruviani. Panettoni, Pandori & C, i dolci della tradizione italiana di Natale, sono sempre più apprezzati all’estero. Tuttavia, sono anche molto imitati, soprattutto Oltreoceano. Ed, infatti, negli scaffali dei supermercati statunitensi da Washington a New York, passando per Baltimora, in questo periodo, si può toccare con mano il fenomeno dell’Italian sounding. Che peraltro sembra andare per la maggiore in alcune catene statunitensi della grande distribuzione. A tal punto che, in alcuni casi, risultano addirittura introvabili i Pandori e i Panettoni italiani, spodestati da quelli made in Brazil di un noto produttore di origini italiane. E’ una grande azienda che conta 140.000 punti vendita su tutto il territorio brasiliano e nel mondo.

Panettoni  e Pandori sempre più imitati

A sorpresa, un’altra produzione proviene sempre dall’America Latina, con i Panettoni made in Perù, che sono una vera passione nazionale e i più famosi riecheggiano nel nome un celebre artista spagnolo. E anche questi sono sbarcati sul mercato statunitense. Ma forse l’aspetto più preoccupante è che è possibile acquistare su Amazon tutti questi prodotti. Ma l’industria italiana ha le armi spuntate per combattere le continue aggressioni ai prodotti made in Italy. Specialmente quando non sono tutelati dalle denominazioni Dop e Igp. “Le imitazioni ci spaventano meno in Italia perché se qualcuno viola le regole entrano in azione gli ispettori anti frodi del Mipaaf (Icqrf)” afferma Mario Piccialuti, direttore generale di Unione Italiana Food, l’associazione di Confindustria che associa le maggiori industrie del Dolce e della Pasta Italiane.

Il made in Italy sempre più a rischio

Le ricette originali per alcuni dolci quali i Panettoni, il Pandoro, la Colomba, gli Amaretti e i Savoiardi sono disciplinate dal 2005 da un decreto interministeriale Mise-Mipaaf dal 2005. “Ma è una normativa italiana, all’estero non ci si può difendere. Non possono entrare in azione neanche i Consorzi di tutela (quelli delle Dop e le Igp), con i loro interventi di autoregolamentazione, perché questo è un settore di nicchia, con poche decine di aziende, e non li contempla”.

Come difendersi allora dall’italian sounding che complessivamente fattura ogni anno 100 miliardi di euro, a danno del vero made in Italy? “L’unico modo è aumentare l’export – sostiene il direttore di Unione Italiana Food – oltre che la promozione in maniera strutturata campagne verso i consumatori di quei Paesi”. Del resto “l’Italian sounding, – prosegue Piccialuti – non fa che confermare che il modello alimentare italiano è sinonimo di tradizione e qualità, per questo ce lo copiano”.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

  • Anna Maria 26 Dicembre 2019

    Eh già ci copiano su tutto parmigiano, panettoni, pandori, prosciutto ecc. Tutti questi cibi copiati e contraffatti immagino proprio quanto saranno buoni!!! SIC,SIC,SIC!!!!

  • federico 26 Dicembre 2019

    Ringraziamo i tanti che ci dicono che dobbiamo rottamare le industrie per puntare sulle cosiddette eccellenze agroalimentari