Omicidio Pecorelli, distrutta la pistola che doveva essere comparata con i proiettili dell’omicidio

5 Dic 2019 13:46 - di Redazione
Pecorelli Mino

E’ stata distrutta nel 2013 la pistola Beretta 7,65 che doveva essere confrontata con i quattro proiettili con cui, il 20 marzo del 1979, un killer uccise il giornalista Mino Pecorelli in via Orazio, nel quartiere Prati a Roma. E, dunque, la nuova inchiesta avviata dalla Procura di Roma sull’omicidio di Mino Pecorelli diventa molto più complicata.

I magistrati riaprirono la nuova inchiesta lo scorso gennaio dopo l’istanza presentata dalla sorella Rosita Pecorelli. Che chiedeva di svolgere accertamenti balistici sulle armi sequestrate a Monza, nel 1995, a un uomo legato, in passato, ad Avanguardia Nazionale. Tra quelle armi c’era anche la Beretta 7,65 con 4 silenziatori artigianali,.

La pistola doveva, appunto, essere confrontata con i quattro proiettili con cui venne ucciso Pecorelli.
Ufficialmente era custodita nell’ufficio dei corpi di reato del Tribunale di Monza.

Anche i quattro proiettili dell’omicidio sono spariti

Ma, a quanto si apprende, proprio la Beretta 7,65 è stata distrutta nel 2013. Lo rivela un verbale di distruzione recuperato a Milano.

Ora i pubblici ministeri di piazzale Clodio attendono di sapere se siano state conservate foto di quell’arma.

Un elemento, quello della distruzione dell’arma, che si aggiunge al mancato ritrovamento, al momento, dei quattro proiettili.
Sarebbero stati depositati nell’ufficio dei corpi di reato del Tribunale di Perugia. Ma, al momento, vi è traccia.

«Quei proiettili ci sono e salteranno fuori»,  dice sicuro l’avvocato Valter Biscotti.

«La consulenza tecnica in ogni caso si farà – aggiunge il legale della sorella di Pecorelli – perché se è vero che l’arma è stata distrutta è anche vero che sono state effettuate prove da sparo. Esiste un’ampia documentazione».
«Anche i proiettili – rivela il penalista perugino – furono fotografati e quindi è possibile effettuare una comparazione con le foto dell’arma».

Su Pecorelli le dichiarazioni di Vinciguerra smentite dai pm

La vicenda della Beretta 7,65, però, è tutt’altro che nuova.
Già la magistratura romana si era occupata di questa questione.

La storia partì da una dichiarazione di Vincenzo Vinciguerra, autore della strage di Peteano. Vinciguerra parlò con il giudice della strage di piazza Fontana, Guido Salvini. Che trasmise il verbale ai colleghi della Procura di Roma.
Vinciguerra sostenne di fronte al giudice Salvini di sapere chi avrebbe avuto in custodia la pistola usata poi per uccidere Pecorelli.
I pm di piazzale Clodio indagarono ma la cosa finì in un nulla di fatto.

A gennaio la sorella di Pecorelli, Rosita, è tornata alla carica assieme al suo avvocato Valter Biscotti.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *