Pecorelli, chiesta riapertura delle indagini su vecchie dichiarazioni di Vinciguerra

16 Gen 2019 16:41 - di Paolo Lami
Pecorelli Mino

Si basa su una vecchia dichiarazione, rilasciata al giudice Guido Salvini nel 1992 dall’ex-terrorista Vincenzo Vinciguerra, autoaccusatosi della strage di Peteano, la richiesta di riapertura delle indagini sull’omicidio Mino Pecorelli, firmata dalla sorella Rosita, che sarà presentata domani, 17 gennaio alla Procura della Capitale dal legale della famiglia del giornalista, l’avvocato Valter Biscotti.

Una vicenda già affrontata all’epoca dalla magistratura romana quando il giudice Salvini trasmise nella Capitale il verbale di Vinciguerra e che si concluse con un nulla di fatto: gli accertamenti non hanno portato a sviluppi investigativi e la cosa finì lì.

Ma ora l’avvocato Biscotti sostiene che vi sarebbero nuovi elementi che potrebbero portare alla riapertura delle indagini in relazione a quelle vecchie dichiarazioni di Vinciguerra sull’omicidio di Mino Pecorelli, ucciso a Roma, in via Tacito, nei pressi del palazzo della Cassazione, con 4 colpi di pistola il 20 marzo del 1979.

Ed è proprio da quella pistola con la quale venne assassinato Pecorelli che, a 39 anni di distanza da quel delitto, potrebbero ripartire le indagini. Vinciguerra, infatti, sostenne di fronte al giudice Salvini di sapere chi avrebbe avuto in custodia la pistola usata poi per uccidere il giornalista.

Per l’omicidio del giornalista e direttore di Op, furono processati e, poi, assolti, Giulio Andreotti, l’ex-magistrato, e-parlamentare e ministro democristiano Claudio Vitalone, e i mafiosi Gaetano Badalamenti, Giuseppe Calò, accusati di essere i mandanti e Michelangelo La Barbera e Massimo Carminati, accusati di aver compiuto materialmente il delitto, sulla base delle dichiarazioni, poi smentite dalla sentenza di assoluzione, dei pentiti di Cosa Nostra, Tommaso Buscetta, Salvatore Cancemi, Francesco Marino Mannoia e di quelli della Banda della Magliana, Antonio Mancini, Maurizio Abbatino, Vittorio Cannovale, Fabiola Moretti che, poi, ritrattò le sue dichiarazioni.

Il teorema della Procura sosteneva che Pecorelli sarebbe stato assassinato da un connubio di mafiosi di Cosa Nostra ed esponenti della Banda della Magliana per fare una cortesia ad Andreotti e togliere di mezzo il giornalista scomodo che sarebbe stato a conoscenza di imbarazzanti segreti sulla vicenda Moro.

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