La “Mission impossible” di Di Maio a Bologna. La platea resta perplessa sul leader e le sue scelte
Di Maio in missione a Bologna prova a salvare il salvabile. Il caos che sta travolgendo i grillini, spaccati su tutto, non si è certo placato con la visita lampo di Grillo a Roma nei giorni scorsi. Anzi… E mentre Di Maio prova ad “archiviare” per il momento la questione della leadership politica nel Movimento, la base protesta sulla risoluzione pentastellata del voto in Emilia Romagna. E il giudizio sembra sospendersi su tutto.
Di Maio a Bologna: la “mission impossible”
Ma così non è. Tanto che lo stesso Di Maio è costretto a correre ai ripari come può. Da un lato buttando lì di una telefonata con Grillo, garante del M5S e strenuo difensore del numero uno del Movimento. Dall’altro, ribadendo che «il voto in Emilia Romagna non deve diventare un “referendum sul governo”». Anche perché, prova ad avvalorare la linea dettata dall’alto Di Maio, «parliamo del futuro di questa regione». Una linea che il numero uno movimentista prova a rilanciare anche dallo studio di Agorà, su Raitre, dove è stato ospite. E dove, alla domanda su eventuali conseguenze sulla maggioranza nel caso in cui Bonaccini perdesse perché si è deciso di correre da soli, ha risposto tagliando corto: «Non ho mai sentito questo discorso da nessuno del Pd». «Qui sembra – ribadisce in calcio d’angolo il leader politico M5S – che ci stiamo presentando alle elezioni perché vogliamo far perdere qualcuno»… Quindi, è la volta dell’epilogo vittimistico: «Se M5S ha la colpa di esistere, qualcuno lo dica. Ma dal Pd non ho mai sentito nessun discorso di questo tipo… È un discorso che si sta facendo solo a livello mediatico…».
Prove di inciucio col Pd: Di Maio si appella allo statuto
Insomma, tanti punti in sospeso. Posizioni distanti. E un Movimento che rumoreggia. E non poco. Tanto che sulla mission impossible di Bologna e sui malumori tra le fila grilline, nonostante le rassicurazioni di rito di Di Maio, anche il Corriere della sera, riporta e commenta: «Eppure tra la base dell’Emilia-Romagna c’è attesa. Parlamentari, consiglieri e semplici attivisti sono divisi sul da farsi, ma concordano su due concetti, che ribadiscono anche davanti a taccuini e microfoni. «Per quanto se ne dica il Movimento non è morto», dice Fabio. «Ma ci devono ascoltare di più», sottolineano due signore a fianco. Poi per il resto la platea rispecchia la frammentazione tra gli eletti». Dichiarazioni che inducono a rileggere in controluce le parole del leader politico grillino…
Basta parlare di “accordi di coalizione”: rimboccatevi le maniche
Il quale, sul caso Emilia Romagna, ha anche aggiunto: «M5S in Emilia Romagna era stato descritto come un Movimento in guerra, che chiedeva il mio scalpo… Ieri sera io ho trovato, invece, tanto affetto e su 60 interventi che ho sentito, 59 mi hanno detto che dobbiamo andare da soli. Solo uno ha ipotizzato di sostenere Bonaccini, ma noi non possiamo per statuto. Lo statuto non prevede accordi con candidati di partito», ha ribadito poi Di Maio nel corso della riunione di ieri con gli attivisti a Bologna. Sottolineando subito dopo: «Dico alle forze politiche che corteggiano il Movimento: invece di parlare di accordi di coalizione, prendete a piene mani dal nostro programma e dopo le elezioni vi chiederemo di realizzarli. E saremo felicissimi perché vuol dire che l’Emilia Romagna avrà un aiuto in più».
E’ la nemesi del PCI. Quando rialzò la testa, durante “l’epopea” partigiana, i compagni fecero di tutto per scrollarsi di dosso gli altri, lo dimostra un esame storico dettagliato e puntuale di quel periodo che, credo, non vedrà mai la luce, se non a livello amatoriale, perché sarebbe troppo dirompente. Un solo esempio. Durante la Repubblica dell’Ossola alcuni Comandanti partigiani di formazioni non comuniste perirono in strane imboscate e alle fine , la relazione del commissario politico locale evidenziò che non si sarebbe mai più dovuto ripetere esperimenti simili. Oggi la questione è ribaltata, i compagni sono disposti a qualsiasi compromesso , con chicchessia, pur di tornare a vincere e vili e biechi sono i media di supporto che stanno facendo il diavolo a quattro per promuovere matrimoni allucinanti, denigrare in modo ignominioso gli avversari e rispolverare un fascismo d’accatto, fatto di luoghi comuni, notizie fuorvianti e simili: parlino della Repubblica dell’Ossola, abbiano il coraggio di dire chi mandò a morire, proditoriamente, i due fratelli partigiani Di DIO, Tenenti del Regio Esercito, solo perché erano badogliani e non accettavano il comunismo e perché loro da sempre considerano fascista chi indossa una divisa, per odio di classe.