Delitto di Arce, finalmente si va a processo. Ma la difesa si arrampica sugli specchi: “Tutto da rifare…”

9 Nov 2019 15:05 - di Antonio Pannullo
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Delitto di Arce, colpo di scena. Finalmente si sta per arrivare a processo per il brutale assassinio di Serena Mollicone nel 2001. E la difesa della famiglia Mottola tira fuori iun coniglio dal cilindro. “Dimostriamo che Serena non è stata uccisa all’interno della caserma dei carabinieri e che quindi tutto è da rifare”. Lo ha detto il professor Carmelo Lavorino, consulente della difesa della famiglia Mottola. Sulla compatibilità tra i frammenti di legno sul nastro adesivo che avvolgeva la testa di Serena Mollicone e la porta in caserma contro cui sarebbe stata sbattuta, Lavorino precisa. “Ho assistito a questi accertamenti tecnici, la compatibilità è un discorso, la certezza assoluta è un altro e la prova scientifica pretende la certezza assoluta. C’è una relativa compatibilità perché si parla sempre di tracce minuscole di legno o di compensato ma … non c’è alcuna certezza. In qualunque porta possono esserci questi tipi di compatibilità”.

Arce, la difesa pensa a un complotto mediatico

L’impressione è che la difesa si stia arrampicando sugli specchi. “In un Paese normale con la giustizia che funziona regolarmente non si dovrebbe andare nemmeno a processo”, esagera l’avvocato. “Però, dopo che per otto anni la famiglia Mottola è stata indicata come l’autrice del delitto e ora è stato chiesto il rinvio a giudizio per i tre, è ovvio che si andrà a processo”. “Si andrà senza nessuna prova certa come avvenne anche per il caso di Carmine Belli (il primo sospettato, ndr)”. “Quando facemmo assolvere Carmine Belli nel 2003 lui venne sospettato per qualche sua dichiarazione contraddittoria ma non per questo doveva essere processato”. L’avvocato sembra invocare il processo mediatico, che non c’è stato. Mentre ci sono pesantissimi indizi. L’ultima volta che Serena fu vista viva fu alla caserma dei carabinieri di Arce. Senza contare che il carabiniere che la vide e che doveva essere sentito, si è “suicidato”.

Il legale dei Mollicone: siamo a buon punto

Parla anche il legale del papà di Serena, Guglielmo, che in tutti questi anni non ha smesso di lottare. “Di questo procedimento giudiziario lunghissimo l’elemento preponderante è quello delle consulenze. Sono quasi 20 tra consulenze e accertamenti, dal 2001 a oggi.  Inoltre ci sono quasi 40 faldoni di materiale cartaceo”. Dario De Santis, avvocato del padre di Serena Mollicone, ripercorre con la memoria il grande lavoro fatto. “Ora siamo sulla soglia di un possibile processo. Siamo arrivati a buon punto”.  L’udienza preliminare si terrà mercoledì prossimo davanti al gup di Cassino. Il gup dovrà decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio per il maresciallo Franco Mottola, la moglie Anna Maria, il figlio Marco e il maresciallo Vincenzo Quatrale per il reato di concorso nell’omicidio. Per Quatrale chiesto il rinvio a giudizio per istigazione al suicidio del brigadiere Santino Tuzi. Per l’appuntato Suprano per il reato di favoreggiamento.

“Volevano l’archiviazione, l’abbiamo impedito”

Dice il legale: “Abbiamo consulenze medico legali, biologiche, dattiloscopiche, entomologiche, su supporti informatici, di natura genetica, botanica, grafologica e merceologica. Oltre a quella medico legale fondamentale della professoressa Cattaneo”.  “La gran parte di questo enorme lavoro è successiva al 2015. In quell’anno la procura voleva l’archiviazione e analoga richiesta uscì fuori nel 2010. Sia nel 2010 che nel 2015 c’è stata la nostra opposizione, mia e del padre di Serena, con la richiesta di ulteriori indagini”.  “Insomma quando sembrava fosse stato fatto tutto il possibile, poi invece si fecero altre indagini – sottolinea l’avvocato De Santis – Ora siamo sulla soglia di un possibile processo”.

Arce, fondamentale la collaborazione dell’Arma

Fondamentali gli accertamenti medico-legali condotti dalla professoressa Cristina Cattaneo del Labanof (Istituto di medicina legale di Milano)-È emersa, tra l’altro, una potenziale compatibilità tra il trauma cranico della ragazza e l’ammaccatura della porta di uno degli alloggi della caserma dell’Arma. Le richieste di rinvio a giudizio alla procura di Cassino risalgono allo scorso 30 luglio. “Grazie alla rivisitazione approfondita e sistematica di tutti gli atti procedimentali, con la collaborazione del comando provinciale dei carabinieri di Frosinone, alla riesumazione del cadavere e all’applicazione di tecniche all’avanguardia, questo ufficio ritiene di provare che Serena Mollicone trovò la morte nella caserma dei carabinieri di Arce”. Il legale ricorda anche sia l’opera della professoressa Cristina Cattaneo, del Labanof dell’Istituto di medicina legale di Milano e del Ris dei carabinieri di Roma,

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