Strage di Bologna, siamo all’assurdo: per il teste Vinciguerra la strategia della tensione era colpa del Msi
Strage di Bologna. Riceviamo da Massimiliano Mazzanti e volentieri pubblichiamo:
Caro direttore,
Il dibattimento a carico di Gilberto Cavallini, ha toccato ieri il suo punto più basso, infimo verrebbe da dire. Protagonista, Vincenzo Vinciguerra, al quale sono state concesse ore e ore per esternare un delirio che si presagiva già. Tanto che Antonello Gustapane, uno dei tre pm che sostengono l’accusa, ne ha ricordato la sua scarsa attendibilità. Come testimoniano peraltro da alcune condanne per false testimonianza e per calunnia. Grottesco l’iter di questo processo sulla strage di Bologna. Ormai grava il macigno dell’esplosiva risultanza sul “dna” dei resti umani attribuiti erroneamente a Maria Fresu. Ma succede anche di vedere un teste convocato dalle parti civili messo preventivamente in forte discussione dagli stessi inquirenti. Sulla credibilità della narrazione di Vinciguerra, basti dire quello che segue. Secondo lui, Giano Accame – il nostro amatissimo direttore, intellettuale della Destra – sarebbe stato, assieme a Randolfo Pacciardi, il grande stratega della strategia della tensione. Parole da Tso.
Sul processo grava il macigno della Fresu
Si è sentito anche dell’altro. Secondo Vinciguerra, Mario Tuti avrebbe avuto un foglio manoscritto, in cui gli autori della strage di Brescia avrebbero messo nero su bianco di essere stati loro a compierla. La visione di quegli anni da parte di Vinciguerra è talmente assurda che ci sarebbe da chiedersi come sia stato possibile ascoltarlo in tale cornice. Secondo lui, non esisterebbero “eversori fascisti”, a parte lui stesso, dal momento che il Msi sarebbe stato un organo delle istituzioni su cui ricadrebbe la responsabilità dello stragismo. Mentre Avanguardia nazionale, Ordine nuovo e altre sigle sarebbero state centrali sotto copertura dei “servizi segreti”. I militanti – usciti dal Msi – si arruolavano direttamente tra i carabinieri, i poliziotti, e le spie del Ministero dell’Interno. Ovviamente, Vinciguerra non fornisce una prova di tutte queste sue affermazioni. Ma se è in galera dal ’79, perché è stato chiamato a deporre su un fatto del 1980? Quale è stato il contributo alla verità giudiziaria su Bologna di questo teste bizzarro? Vinciguerra ammette candidamente di non aver mai conosciuto, parlato o anche incontrato l’imputato. Però dopo la strage un trafficante di droga austriaco, Johan Hirsch, gli disse di “sapere che a compiere la strage erano stati Mambro, Fioravanti e Cavallini”. Gli avvocati di Cavallini, Alessandro Pellegrini e Gabriele Bordoni, gli hanno chiesto approfondimenti. Pensavano che un detenuto politico che sente una tale confidenza da un “comune” chieda qualche particolare in più.
Sulla strage Vinciguerra non sembra attendibile
Sforzo vano, poiché Vinciguerra ha prontamente replicato che “in carcere non si usa fare domande”, perché potrebbe essere pericoloso. Curioso, però. Dal momento che sarebbe stato Hirsch a fargli la confidenza. E se qualcuno confida qualcosa a un altro dà per scontato che questi possa chiedergli spiegazioni. Comunque sia, Hirsch è ovviamente morto, nel frattempo, quindi, bisogna fidarsi delle parole di Vinciguerra. Tanto è apparso credibile alla Corte, il reo confesso della strage di Peteano, che il presidente Leoni ha ritenuto di fargli delle domande sulla dinamica dell’attentato. Ma anche in questo caso, le risposte sono state abborracciate. Tanto da far pensare a tutti che possa essere vero addirittura che Vinciguerra si sia attribuito la colpa di Peteano senza aver compiuto l’attentato. Chissà per quale misteriosa ragione, forse proprio per elevarsi a credibile testimone degli anni di piombo. Nel frattempo, gli avvocati italiani del terrorista Carlos hanno fatto sapere alla Corte che Ilich Ramirez Sanchez sarebbe pronto a farsi interrogare. Sempre la Corte ha respinto, invece, la richiesta delle parti civili di ascoltare i testimoni che hanno indicato come utili per la vicenda dei covi Nar e Br in via Gradoli.