Strage di Bologna, parla il medico legale Gabriella Negrini: si capì subito che c’era un’altra vittima

21 Ott 2019 11:53 - di Massimiliano Mazzanti
strage di Bologna del 2 agosto 1980

Riceviamo da Massimiliano Mazzanti e volentieri pubblichiamo:

Caro direttore,
Gabriella Negrini, il 2 e il 3 agosto 1980, era una seria e studiosa ragazza iscritta a Medicina, già laureata, “specializzanda” in Medicina legale. E fu proprio a lei che un agente delle forze dell’ordine consegnò – avvolto in un panno – lo “scalpo” che, poi, fu attribuito erroneamente a Maria Fresu. Quella che, insomma, doveva essere una normale giornata di studio e lavoro, non solo si trasformò in una tremenda prova per i suoi nervi, ma la proiettò nella pagina più oscura della recente storia italiana. Trasformandola in una protagonista della vicenda che ora, a quarant’anni di distanza dal tragico attentato, mette pesantemente in discussione le “verità giudiziarie” cristallizzate dalle sentenze emesse a Bologna nei decenni precedenti. Gabriella Negrini, oggi, continua a fare il suo lavoro. È un medico legale con lo studio a Medicina, non è un gioco di parole, ma il toponimo di un paese che segna il confine tra la provincia di Bologna e quelle di Ferrara e Ravenna. E quel drammatico giorno e quel frangente così particolari li ha ancora ben fissi nella memoria.
Dottoressa Negrini, ha letto le notizie di questi giorni: conferma di essere stata lei a ricevere e ispezionare per prima i resti attribuiti a Maria Fresu?
Sì certo, è vero, come risulta anche dalla perizia del professor Giuseppe Pappalardo. Presi in consegna i resti di quel viso e feci in modo che fossero conservati al meglio.
Scusi, ma c’è un particolare che solleva qualche perplessità. Perché il professor Pappalardo ci tenne a sottolineare, nell’incipit della sua perizia volta a identificare quei resti, che degli stessi lui “veniva a conoscenza il 15 agosto, nel corso della propria settimana di turno, dietro segnalazione della Dott. Gabriella Negrini…”»? Forse che, qualcuno, tentò all’epoca di nascondere quel frammento di corpo umano?
Guardi, su questo non posso dire nulla. Perché passarono due settimane non lo so. Quello che ricordo distintamente – a quarant’anni dai fatti – è che, quando, nei giorni successivi alla strage, si cominciò a cercare insistentemente il corpo della vittima che non si trovava, io segnalai subito ai colleghi che noi conservavamo un volto che non sembrava appartenere a nessuna delle altre salme.
Anche questo è un particolare importante: voi verificaste se quel volto avrebbe potuto appartenere a una delle altre vittime che erano state portate alla Medicina legale?
Su questo credo sia molto esaustiva la perizia del professor Pappalardo che non penso possa lasciare adito a dubbi. [n.d.r. Nella perizia, il professor Pappalardo, arriva ad attribuire i resti del volto a Maria Fresu. Proprio perché, nonostante le comparazioni, nessuna delle altre vittime, anche le due col volto “sfacelo” e coi connotati non più distinguibili, è mancante di una così vasta e particolare porzione del viso]. Io stessa non ricordo affatto vittime che avessero lesioni tali, anche da una prima sommaria analisi, da far supporre che quei resti facessero parte dei corpi già identificati.  
Tanto è vero che, appunto, fu proprio lei a indicarli come possibili resti della persona scomparsa?
Quando lessi che si sta cercando il corpo di una donna che non si trovava, avvertii subito i colleghi del volto che ci era stato consegnato.
Dottoressa, secondo alcuni la confusione di quelle ore tragiche, la comprensibile pressione con cui operò il personale dell’obitorio e della Medicina legale, avrebbe potuto determinare la “confusione” di quei resti, facendoli finire nella bara sbagliata?
Ognuno ha il diritto di pensare quello che vuole, ma la Medicina legale era ed è un istituto serissimo dell’Università di Bologna. Certo, nelle prime ore ci fu l’arrivo di tante salme, la confusione dei parenti. Ma tutti noi, dopo quei primi frangenti, operammo con la professionalità che ci è propria. E trattammo tutti quei poveri resti col rigore e la serietà che la situazione imponeva.

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