Scontro in Vaticano per il palazzo comprato a Londra con i soldi delle elemosine

30 Ott 2019 12:50 - di Redazione

Si surriscalda lo scontro in Vaticano sullo scandalo del palazzo comprato a Londra con i proventi delle elemosine. L’inchiesta interna alla Santa Sede ha già portato alla sospensione di cinque dirigenti dell’Aif  (Autorità di Informazione finanziaria). Tra questi, ironia della sorte, anche Tommaso Di Ruzza, responsabile per la lotta al riciclaggio.

Palazzo comprato a Londra, è scontro ai vertici vaticani

L’ordine “dall’alto” è categorico: fare chiarezza. Il segretario di Stato Pietro Parolin ha parlato di «un’operazione opaca sulla quale ora si chiarirà tutto». Parole che non sono piaciute al cardinale Giovanni Angelo Becciu. All’epoca dei fatti sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato. Oggi è prefetto della Congregazione delle cause dei santi. «Contro di me — ha detto all’Ansa — accuse infanganti che respingo in modo fermo e sdegnoso. Ho la coscienza a posto. E so di avere agito sempre nell’interesse della Santa Sede. Sono stato dipinto come uno che ha giocato e manomesso i soldi dei poveri. Ma l’Obolo non è solo per la carità del Papa ma anche per il sostentamento del suo ministero Pastorale».

Becciu: contro di me solo fango

Becciu esce allo scoperto e rispedisce al mittente le accuse. Nessuno scandalo. «È prassi che la Santa Sede investa nel mattone. L’ha fatto sempre: a Roma, a Parigi, in Svizzera e anche a Londra. Pio XII fu il primo ad acquistare degli immobili a Londra». Poi spiega: «Ci è stata avanzata la proposta di questo storico ed artistico palazzo . E quando fu fatta e realizzata non c’era niente di opaco. L’investimento era regolare e registrato a norma di legge». Tutto trasparente? Le «difficoltà – ammette il cardinale – sono nate con il socio di maggioranza. Con il quale mi risulta sono sorte questioni circa la gestione della parte della liquidità».

Il riferimento è a Raffaele Mincione, che avrebbe «disatteso le indicazioni reiterate anche per iscritto». Insomma continuava a investire in attività che la Segreteria di Stato non poteva assolutamente condividere né approvare». In Segreteria di Stato– si difende – avevamo un fondo intitolato “Soldi dei poveri”. E ai poveri venivano destinati».

L’Obolo di San Pietro investe sul mattone

Oggetto dello scandalo i fondi gestiti direttamente dalla segreteria di Stato e non dallo Ior. Parliamo del cosiddetto “Obolo di San Pietro”, circa 60-70 milioni di euro raccolti nelle parrocchie. Che sono destinati per il 30 per cento alla carità e per il 70 per cento alla gestione della Santa Sede. Dagli stipendi, ai viaggi del Papa e al resto.

Tutto nasce da un’indagine – ricostruisce oggi il Corriere della Sera –  aperta dal promotore di Giustizia Gian Piero Milano, su segnalazione dello Ior. Nel mirino operazioni finanziarie milionarie sospette, effettuate dalla Segreteria di Stato. Incluso l’investimento da 200 milioni di euro per il palazzo di Sloane Square. Che ha portato alle perquisizioni della Gendarmeria vaticana e le 5 sospensioni cautelative. Secondo l’accusa, milioni di euro i extra-bilancio, con l’aiuto di banche svizzere, sarebbero finiti in operazioni spericolate.

Commenti

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  • Giuseppe Forconi 2 Novembre 2019

    Super ben detto, ma bargoglio lo sapeva, ai migranti ci pensa pantalone, e poi non e’ vero della costante e sibillina infiltrazione del vaticano negli affari di Stato italiano? Addio cattolicesimo se non fosse per quelle povere nonne e nonni di una volta, le chiese sarebbero vuote.

  • ADRIANO AGOSTINI 31 Ottobre 2019

    Invece di “investire” sul mattone Bergoglio avrebbe dovuto usare quel fracco di soldi per mantenere gli immigrati. No?