I Curdi sono combattenti d’altri tempi: non hanno una terra ma sono un popolo fiero e da rispettare
L’aggressione iniziata ai danni dei Curdi da parte della Turchia ci porta ad avvicinarci , con grande rispetto, alla tragica epopea dei Peshmerga.
Il nome significa letteralmente “colui che è di fronte alla morte” ed in effetti il combattente Peshmerga da oltre un secolo è in piedi, di fronte all’evento supremo, con la sua incrollabile volontà di difendere l’esistenza del suo popolo, quello curdo.
Il popolo curdo annovera tra i suoi antenati lo straordinario personaggio di Salah el Adin, conosciuto in Occidente, banalmente, come il feroce Saladino. Dante lo giudica uno spirito non cristiano non meritevole dell’inferno e quindi lo pone nel limbo, insieme a Giulio Cesare, Ettore, Socrate e Platone.
E tuttavia, i Peshmerga, da 100 anni si battono, con onore, contro tutti quelli che vogliono estirpare dalla terra i Curdi: turchi, iracheni, siriani e occidentali di vario rango, tutti hanno cercato di perpetrare un genocidio, o di assistere impassibili allo stesso, del quale, per la verità, poco si parla.
I Curdi e la guerra contro l’Isis
Da ultimo si sono resi protagonisti assoluti della battaglia di Mosul contendendo e strappando allo stato islamico dell’ISIS una roccaforte posta in un territorio che loro considerano, una parte del loro stato; che non c’è, come del resto la loro terra.
Sul terreno i Peshmerga hanno posto fine, vittoriosamente, alla guerra contro l’ISIS.
Combattenti facenti parte di un esercito di volontari che annovera tra le sue file anche un reggimento totalmente femminile, interpretano la guerra con il rispetto che essa merita, vale a dire con quel misto di coraggio, spirito di sacrificio, fedeltà e alta considerazione dell’evento. Ci torna alla mente il bellissimo aforisma di Nietzsche: “Voi dite che una buona causa giustifica persino una guerra; io vi dico che una buona guerra giustifica ogni causa”.
I Peshmerga rifuggono i metodi della guerra moderna: ignorano i sistemi più vili utilizzati dalle forze in campo, bombardieri senza piloti e terrorismo infame. Sono di un’altra scuola, scarponi sul terreno, mitra e bombe a mano. Roba d’altri tempi.
Però funzionano; e, alla loro maniera, restituiscono dignità e decoro a una guerra che in loro assenza sarebbe soltanto l’ennesimo episodio di macelleria.
Alla fine non hanno, come i fatti di questi giorni dimostrano, ottenuto per il loro popolo grandi favori da coloro che la guerra non la sanno fare e tuttavia si arrogano il diritto di scatenarla per motivi talmente bassi da non meritare neanche menzione. Continueranno a non avere una terra, ma resteranno però una nazione, cioè un’unità di destini.
Per ora è tutto quello che possono permettersi gli eredi del Saladino. Se rinascerà un altro Dante vogliamo credere che, anche se non cristiani, li collocherà, piuttosto che nel limbo, nel Paradiso degli Eroi.