I carabinieri: «Ci sputano addosso, ci insultano e non sono puniti. Siamo stufi di essere umiliati»
Umiliati, bistrattati, derisi, odiati, pagati poco e spesso tritati dalla gogna mediatica. I carabinieri vengono concepiti negativamente e non come amici del cittadino. Un ruolo, il loro, distorto agli occhi della società civile anche a causa di tortuose vicende giudiziarie. Vicende amplificate sulla piazza mediatica per una manciata di like.
Nessuno però, si chiede davvero quale sia la condizione lavorativa degli uomini che indossano gli alamari. Nessuno si chiede il perché di così tanti suicidi. Oltre cinquanta dall’inizio dell’anno.
«Il tema dei suicidi è un argomento a cui le varie amministrazioni non riescono o non vogliono porre rimedio». Lo riferisce al Secolo Marco Moroni, segretario generale aggiunto del Nuovo sindacato carabinieri (Nsc). Moroni punta l’attenzione sulle condizioni lavorative degli appartenenti.
«Noi trascorriamo un terzo della nostra vita sul posto di lavoro. Le varie amministrazioni non vogliono accorgersi del malessere che potrebbe essere sconfitto con una più facile mobilità nei trasferimenti; con una progressione di carriera più fluida; con regole certe che disciplinano il nostro lavoro su strada».
Perciò quello che si potrebbe fare – e non si fa – è molto. Così come garantire adeguate tutele per quanto subiscono. Le azioni di chi indossa l’uniforme sono sempre amplificate. Ciò che fa un uomo in divisa è sempre sotto la lente di ingrandimento. Anche il modo in cui sopporta gli insulti di chi, durante una manifestazione, protetto da un casco e dall’impunità dilagante, insulta lui, la sua divisa e i suoi cari. È il loro lavoro, sono pagati per quello, dirà qualcuno.
«Sì, è il nostro lavoro», dice Moroni . «Siamo pagati anche per garantire la sicurezza quando ci sono violenti infiltrati nelle manifestazioni. Ma non siamo pagati per essere umiliati e nessuno ci tutela per queste umiliazioni. Spintonarci, sputarci addosso o chiamarci nel peggiore dei modi, molto spesso è un fatto ritenuto tenue che resta impunito».
Vi fu un tempo in cui taluni Comandanti si immolavano accanto ai loro soldati, per condividerne la sorte fino all’estremo. Accadde soprattutto ad Adua, all’ Amba Alagi. A Caporetto si suicidò il Gen. Giovanni Villani, “abbandonato” dal noto Badoglio, ma vi furono vari episodi in tale senso anche durante la II GM. Oggi non si pretende tanto ma che almeno si cerchi di “difendere” i propri uomini da una certa prepotenza politica, che del resto , anche se non lo fa platealmente, li considera fascisti o al massimo un prolungamento “ingombrante” della protezione civile, come se la Difesa della Patria fosse un qualcosa di retorico, addirittura inutile in un Paese ormai privo di frontiere, dove D’Annunzio viene svilito a pericoloso fondatore del fascismo ed al suo posto si inneggia alle capitane d’ alto mare ed alle eroine della nuova ecologia radical.