Stangata alla “mafia in giacca e cravatta”: 70 arresti tra boss e gregari e sequestri per 35 mln di euro

26 Set 2019 13:08 - di Redazione
marocchino

Duro colpo alla “mafia in giacca e cravatta”, quella che agisce nell’ombra e calca la mano su diversi ambiti economici frodando ed eludendo gli obblighi di legge per milioni e milioni di euro: un maxi blitz delle forze dell’ordine, scattato a seguito di una articolata indagine ribattezzata “Leonessa”, che ha stanato una cosca mafiosa attiva nel Bresciano e con diramazioni in numerose altre province del Belpaese. Raid con l’uso di armi per chi si opponeva ed estorsioni a tappeto: queste le coordinate di riferimento di chi imponeva il potere criminale della Stidda in versione settentrionale.

Maxi blitz, della Gdf, duro colpo alla “mafia in giacca e cravatta”

Una maxi operazione, con una settantina di arresti e sequestri per 35 milioni di euro, è in corso da alcune ore in più province d’Italia. La Procura della Repubblica di Brescia, Direzione Distrettuale Antimafia – nell’ambito di una lunga e complessa indagine convenzionalmente denominata “Leonessa”, condotta dalla Guardia di Finanza e dalla Polizia di Stato, ha accertato l’operatività di una cosca mafiosa di matrice stiddara, con quartier generale a Brescia, che ha pesantemente inquinato diversi settori economici attraverso la commercializzazione di crediti d’imposta fittizi per decine di milioni di euro.

Ecco come opera la Stidda in versione settentrionale

La Stidda, nella sua versione settentrionale “in giacca e cravatta”, pur mantenendo le “antiche” modalità mafiose nell’agire quotidiano si è dimostrata capace di una vera e propria «metamorfosi evolutiva», sostituendo ai reati tradizionali nuovi business, utilizzando quale anello di congiunzione tra i mafiosi e gli imprenditori e i “colletti bianchi”, i quali individuavano tra i loro clienti (disseminati principalmente tra Piemonte, Lombardia, Toscana, ma anche nel Lazio, Calabria, Sicilia) quelli disponibili al “risparmio” facile. L’indagine, che per il suo spessore ha visto il supporto del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato e dello Scico della Guardia di Finanza e, ha parallelamente disvelato anche numerosi reati tributari e fenomeni corruttivi.

Spedizioni punitive per chi non si sottometteva

Spedizioni punitive per chi osava contrapporsi al loro potere criminale. I boss della Stidda, finiti in carcere, ricorrevano infatti alla violenza. Raid con l’uso di armi e danneggiamenti seguiti da incendi nei confronti di chi non si sottometteva ai loro ordini. Questo uno dei retroscena del blitz che ha disarticolato la cosca dei Di Giacomo. In carcere sono finiti capi, gregari e sodali che hanno gestito un fiorente traffico di sostanze stupefacenti, hanno infiltrato l’economia legale attraverso imprese di comodo, facendo estorsioni a tappeto, specie con il metodo dell’imposizione dei prodotti delle loro aziende. «La Stidda negli ultimi anni ha imperversato nella cittadina siciliana – spiegano gli investigatori – appropriandosi di parte del territorio con la tipica forza e violenza mafiosa, che da sempre l’ha caratterizzata». E non è tutto. Nelle intercettazioni dicevano di avere «500 leoni», uomini armati che avrebbero potuto scatenare l’ennesima guerra di mafia. Le indagini hanno quindi consentito di fotografare l’ala violenta del clan, ricostruendo «plurime condotte estorsive» ai danni di commercianti e imprenditori poco propensi a sottomettersi al volere degli stiddari, che hanno trovato il coraggio di denunciare le estorsioni.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *