Orrore nel campo Rom: picchiava e umiliava le figlie per darle in sposa agli amici (video)

23 Set 2019 13:20 - di Leo Malaspina

Sequestro di persona continuato, maltrattamenti, calunnia e, per la nuova fattispecie di reato introdotta dal Codice rosso, costrizione e induzione a contrarre matrimonio nei confronti delle sue due figlie, 21 e 19 anni: con queste accuse la polizia di Pisa ha arrestato, in esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip del Tribunale pisano, un bosniaco di 47 anni. La drammatica vicenda, che ha coinvolto il nucleo familiare, è maturata all’interno di un campo nomadi dove l’uomo risiede insieme ad altri connazionali, teatro delle violenze e delle costrizioni che le due giovani erano costrette a subire. Le vessazioni, infatti, non si limitavano al linguaggio violento o alla mortificazione: le due figlie, una delle quali al momento dei fatti era ancora minorenne, sono state costrette per anni a subire continue umiliazioni e violenze fisiche, fatte di calci, pugni e schiaffi. In più di una occasione, le donne sono state anche segregate all’interno delle loro roulotte e nutrite di solo pane e acqua.

I maltrattamenti alle ragazze

“Le punizioni”, così venivano definite dal padre i maltrattamenti inflitti nei confronti delle figlie, non erano unicamente rivolte a riprendere piccole mancanze in ambito di collaborazione familiare, ma erano soprattutto finalizzate a reprimerne la libertà di autodeterminazione sentimentale delle ragazze. Infatti, i maltrattamenti e i periodi di segregazione nelle roulotte in cui le ragazze erano costrette, erano soprattutto volti ad impedire che frequentassero i loro fidanzati, due ragazzi romeni da loro prescelti, poiché il padre aveva già imposto ad entrambe altri due uomini da sposare, appartenenti alla propria cerchia familiare: due cugini, con i cui genitori il padre aveva già raggiunto intese economiche per la “cessione”’ delle figlie.

La caccia del rom alle figlie

Il padre, giunto a conoscenza del loro allontanamento, inizia a cercarle. Consapevole delle difficoltà nel rintracciare e rientrare ‘in possesso’ delle figlie, attua uno stratagemma che poi si rivelerà per lo stesso fatale: presenta una falsa denuncia di rapimento alla polizia di Pisa, dichiarando che le stesse erano state sequestrate vicino al campo nomadi da due cittadini sconosciuti di nazionalità rumena. Azzardatamente, decide di utilizzare la polizia come strumento per rintracciare le proprie figlie. Addirittura, per rendere il racconto più credibile e, contestualmente, mettere maggiore pressione agli inquirenti nello svolgimento delle ricerche, dichiara falsamente che anche la sua terza figlia più piccola, di appena otto anni, era stata portata via dai presunti sequestratori provvedendo, nelle fasi successive alla denuncia, a nasconderla all’interno del campo nomadi per non svelare l’inganno, luogo dove poi verrà ritrovata nascosta, dopo qualche giorno, a seguito di una perquisizione della polizia, condotta all’interno della roulotte del padre. La squadra mobile di Pisa inizia sin da subito le indagini che, a causa della scarsa logicità della denuncia presentata, virano immediatamente nei confronti del padre, che viene da subito iscritto nel registro degli indagati della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pisa per i reati di sequestro di persona e calunnia.

Ed è proprio all’apice dell’ennesimo episodio di maltrattamento, quello più grave, nel quale una delle due ragazze è stata picchiata all’interno del campo con un vaso di terracotta, subendo poi un taglio di capelli punitivo da parte del padre, che le due ragazze hanno deciso di fuggire dal controllo paterno. Approfittando di un momento di assenza del padre dal campo nomadi, una mattina dei primi giorni di agosto, le due ragazze sono scappate attraverso una fuga organizzata con il loro ‘veri’ fidanzati. Sono fuggite lontano da Pisa, fuori anche dalla Toscana, in un posto dove il padre non avrebbe potuto trovarle.

 

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