Il tour operator Thomas Cook in bancarotta, 500mila allo sbaraglio in tutto il mondo

23 Set 2019 18:00 - di Redazione
Thomas Cook in liquidazione, dramma per 22mila lavoratori. 500mila turisti non sanno come tornare in patria

C’è chi parla di un vero e proprio tsunami che si sta rovesciando su migliaia di alberghi e chi si organizza per riportare a casa i propri cittadini rimasti letteralmente a piedi e isolati nei posti più impensabili del mondo: il fallimento del famoso tour operator Thomas Cook sta mettendo in ginocchio l’industria mondiale del turismo.
Dopo l’incontro di ieri con azionisti e creditori è arrivato, a sorpresa, l’annuncio choc: Thomas Cook va in liquidazione.
Un dramma per i 22mila dipendenti dell’azienda, 9mila dei quali nel solo Regno Unito, che ora rischiano il posto. E un grosso problema non solo per l’indotto – alberghi, agenzie, assicurazioni e molte, moltissime altre realtà imprenditoriali – ma, anche, per gli oltre mezzo milione di turisti che devono ora tornare a casa, al proprio Paese. E non sanno come fare.

L’annuncio inatteso di Thomas Cook ha interrotto, con effetto immediato, tutte le transazioni mettendo così a rischio migliaia di vacanzieri: «Tutte le prenotazioni, inclusi voli e villeggiature, sono state cancellate», ha fatto immediatamente sapere la Caa, l’Autorità per l’aviazione civile del Regno Unito. Che sta organizzando il rientro dei 155mila turisti britannici rimasti bloccati dalla dichiarazione di bancarotta della storica compagnia di viaggi, con quella che viene definita dalla Bbc «la maggiore operazione di rimpatrio in tempo di pace» avvenuta nel paese.
Circa 16mila vacanzieri dovevano tornare oggi a casa. Le autorità sperano di rimpatriarne almeno 14mila.
La Caa ha affittato 45 aerei charter per riportare a casa turisti da località di vacanza in Europa, Turchia, Stati Uniti, Caraibi, Centro America e Nord Africa.
In totale, secondo le cifre fornite dalla Autorità di Aviazione Civile, sono circa 600mila i clienti interessati, di cui 150mila solo in Gran Bretagna, .

«Faremo a tutti i livelli il nostro meglio per far tornare i turisti a casa», ha detto il premier britannico Boris Johnson commentando la notizia.
«In un modo o in un altro, lo stato interverrà per aiutare i turisti bloccati», ha detto ancora il premier parlando con i giornalisti a bordo del Royal Air Force Voyager con cui si sta recando a New York per l’Assemblea Generale dell’Onu.
Difendendosi dalle critiche per il mancato intervento statale per un “salvataggio” del tour operator, Johnson ha poi sottolineato che dare aiuti di stato per evitare la bancarotta sarebbe stato «un azzardo morale».
«E’ una situazione molto difficile ed ovviamente i nostri pensieri sono rivolti ai clienti di Thomas Cook, i turisti che possono incontrare difficoltà a tornare a casa».

Le dichiarazione del premier britannico sono arrivate dopo che la Civil Aviation Authority ha detto che il governo ha chiesto di avviare un programma di rimpatri per i turisti rimasti bloccati che inizia oggi e continuerà domenica 6 ottobre.

Nell’incontro di ieri tra la società, i principali azionisti e i creditori si è cercato fino all’ultimo di trovare i fondi necessari per evitare la liquidazione.
Al tour operator servivano 250 milioni di dollari per garantire la continuità stagionale.
«Negli ultimi giorni abbiamo lavorato molto per risolvere le questioni in sospeso che portassero a un accordo che garantisse il futuro di Thomas Cook per dipendenti, clienti e fornitori – ha dichiarato Peter Fankhauser, amministratore delegato di Thomas Cook. – Sebbene un accordo fosse stato concordato, una richiesta aggiuntiva negli ultimi giorni di negoziati ci ha messo davanti a una sfida che alla fine si è rivelata insormontabile».

Circa 200 turisti sono, al momento, bloccati in un hotel Thomas Cook in Sicilia: «Stiamo aspettando istruzioni, abbiamo sentito la notizia attraverso i media», dice un membro dello staff dell’hotel Sentido Acacia Marina a Marina di Ragusa nella Sicilia sud-orientale.
I turisti per lo più britannici, tedeschi e francesi «non sono arrabbiati, ma come noi, stanno aspettando informazioni» su ciò che accadrà.

In Spagna, nel frattempo, sono stati cancellati 46 voli (24 nelle Isole Baleari e 22 nelle Isole Canarie).
Gli aeroporti spagnoli interessati dalle cancellazioni sono stati quelli di Fuerteventura, Gran Canaria, Lanzarote, Tenerife Sud, Minorca e Palma di Maiorca.
In particolare nelle Isole Baleari, 14 dei voli cancellati hanno origine e destinazione a Minorca (sette di partenza e sette di arrivo) e 10 a Palma di Maiorca (cinque di partenza e cinque di arrivo).
Alcuni voli che avevano come destinazione gli aeroporti delle Isole Baleari non ne è arrivato nessuno e nel caso dei voli di partenza i passeggeri vengono trasferiti su altri voli.

«Un terremoto magnitudo 7, e lo tsunami deve ancora venire», dice Michalis Vlatakis, presidente dei tour operator a Creta commentando la bancarotta di Thomas Cook.
Questo fallimento, spiega il dipendente in una delle principali destinazioni di viaggio, «è un disastro per il turismo della Grecia».
Thomas Cook, spiega Vlatakis, ha contratti con quasi il 70 per cento degli alberghi di Creta. Soltanto quest’anno, conclude, «la compagnia, ha portato circa 400.000 turisti a Creta, di cui 20.000 sono ancora lì».

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