Eutanasia, la Cgil ora vuole abolire l’obiezione di coscienza: per loro è ipocrisia

27 Set 2019 18:30 - di Redazione

Dopo la sentenza della Corte costituzionale sul suicidio assistito che apre le porte all’eutanasia i medici italiani sono in subbuglio e quelli più dubbiosi chiedono di poter ricorrere all’obiezione di coscienza per non farsi strumento di morte o almeno che a valutare le condizioni effettive del paziente sia un pubblico ufficiale e non un singolo sanitario. Posizioni che non sono piaciute alla Cgil.

Quella della Corte Costituzionale sul fine vita è “una sentenza storica che finalmente sancisce il principio per il medico, ma direi per tutti gli operatori sanitari, di operare nel rispetto della laicità dello stato”. Però “ora serve una legge che intervenga anche sull’obiezione di coscienza: si tratta di un’ipocrisia tutta italiana che permette al medico di anteporre le credenze ai propri doveri”. Lo afferma il segretario nazionale della Fp Cgil Medici e dirigenti Ssn, Andrea Filippi, per il quale “le credenze non devono in alcun modo interferire nell’atto terapeutico. Non è accettabile che un medico, nell’esercizio della propria professione, esclusivamente rivolta alla cura della persona, possa decidere di derogare con l’obiezione ai propri doveri deontologici. La diagnosi e la cura – conclude in una nota – sono processi che attengono a principi esclusivamente scientifici che non possono essere condizionati dalle religioni e davanti ai quali il medico non può mai ‘lavarsene le mani'”.

Commenti

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  • maurizio pinna 27 Settembre 2019

    CGIL? Mi pare giusto, in Unione Sovietica si faceva così.