«Conte e Di Maio? Due democristiani di ritorno». Parola di Scotti-Tarzan

5 Set 2019 13:50 - di Giacomo Fabi

La classe non è acqua. Specie quando a sfoggiarla è un democristiano di lungo corso come Vincenzo Scotti, otto volte ministro, soprannominato Tarzan dai suoi detrattori interni che ne intesero così marcare a fuoco l’agilità con cui saltava da una corrente all’altra. Uno, insomma, che se intende. Ci sarà quindi senz’altro da credergli se in un’intervista alla Stampa dice di  “vedere” in Conte e in Di Maio due veri democristiani di ritorno. E perciò non ha resistito alla tentazione di dispensare consigli e di assegnare ruoli attingendo dall’esperienza dei governi di solidarietà nazionale varati con l’appoggio del Pci alla fine degli anni ’70: il premier si concentrerà solo sul governo, come faceva Andreotti; il capo del M5S detterà la linea politica, secondo l’esempio di Moro.  Resterebbe, in realtà, il problemino di chi nel frattempo curerà la politica estera visto che proprio a Di Maio è stata affidata, ma non si può pretendere tutto dalla vita. Comunque sia, una bella intervista, quella di Scotti, che è anche il fondatore della Link University , da molti considerata l’incubatrice dei Cinquestelle. Bella intervista perché conferma che nulla (tolta ovviamente la moda) più della politica rende il senso del tempo che passa. Sentirsi rinfacciare di essere un democristiano all’imbrunire della Prima Repubblica equivaleva ad un’offesa che in altri tempi sarebbe stata lavata col sangue di un duello. E anche prima non è che fosse esattamente un complimento. Sì, certo nelle urne la Dc mieteva consensi in abbondanza, ma in strada era più facile imbattersi in un ircocervo che in un suo elettore reo confesso. Insomma, la Dc era un po’ come la maglia della salute: tutti la indossavano, ma nessuno lo diceva. All’alba della Terza, invece, è il miglior complimento che un politico possa ricevere. Auguri, dunque, a due neo-insigniti dc Conte e Di Maio. L’intervista del vecchio Tarzan vale per entrambi più di un master. Roba da inserire nel curriculum. Soprattutto il paragone con Andreotti e Moro.  I quali, poverini, non potendo invece dire la loro, si staranno certamente rivoltando nella tomba.

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