Lega, l’ombra del Pd sul Russiagate: «L’audio del Metropol registrato da Vannucci»
Sarebbe stato l’ex Pd Francesco Vannucci a consegnare l’audio del Metropol ai giornalisti dell’Espresso che hanno dato il via al presunto “Russiagate” leghista. A sostenerlo è La Verità, nell’articolo di apertura del giornale intitolato «L’audio di Mosca fatto da un uomo del Pd». Vannucci, ex attivista dem, com’è noto, quel 18 ottobre dello scorso anno era presente all’incontro a sei nell’albergo di Mosca, per il quale ora è indagato insieme all’ex portavoce di Matteo Salvini, Gianluca Savoini, e all’avvocato Gianluca Meranda.
La tempistica sospetta del “Russiagate”
Il giornale di Belpietro spiega di aver ricevuto l’informazione da «una fonte attendibile, in contatto con i giornalisti dell’Espresso» e la puntella con una ricostruzione attenta delle mosse dei due cronisti, Stefano Vergine e Giovanni Tizian, autori dei primi articoli sulla vicenda russa, oltre che del volume Il libro nero della Lega. Dall’inchiesta, firmata da Giacomo Amadori, emergono una serie di incongruenze che sollevano dubbi sul fatto che almeno uno dei due – Vergine, come era stato detto e come poi lui stesso avrebbe confermato ai pm – fosse stato testimone oculare dell’incontro. La ricostruzione de La Verità si sofferma sulla tempistica della divulgazione della notizia. Perché, se l’avevano fin dal 18 ottobre, la divulgarono solo a febbraio? Perché nel loro libro uscito contestualmente al servizio sull’Espresso c’è solo un accenno fugace? E, soprattutto, perché si limitarono a rendere pubbliche le trascrizioni del Metropol e, pur avendolo, non divulgarono l’audio, poi parzialmente diffuso dal sito Buzzfeed solo il 10 luglio?
«Un tentativo di inquinare la politica italiana»
Non si può non notare, come fa la stessa Verità, che i tempi fanno pensare a un tentativo di killeraggio politico: la prima pubblicazione è avvenuta praticamente in campagna elettorale, la seconda dopo i risultati eclatanti delle urne che hanno consegnato alla Lega il titolo di primo partito italiano. Dunque, come nota il direttore Belpietro nel suo editoriale, dietro al presunto “Russiagate” non ci sarebbe affatto “l’intrigo internazionale” ipotizzato nelle scorse settimane, ma una “manina” tutta italiana. «Più ci si addentra in questa storia e più si comprende che è una vicenda di inganni. Anzi – scrive Belpietro – che la trattativa del Metropol era un tentativo di inquinare la politica italiana».
L’audio integrale resta secretato
Per Belpietro, quindi, si è di fronte a «un grande giallo di cui ancora non è stata scritta la parola fine». E di cui ancora mancano tasselli importantissimi: la registrazione dura circa 75 minuti, alla pubblica opinione non ne sono stati forniti che frammenti e trascrizioni. E lo stesso vale perfino per le difese: i magistrati non hanno dato i file audio agli avvocati, che si sono dovuti accontentare di trascrizioni in italiano e in inglese, quindi nelle quali le parti in russo non sono nemmeno in “originale”, ma frutto di traduzione.