La nave Eleonore dell’Ong tedesca Lifeline carica di 101 clandestini punta sull’Italia
Ci riprova l‘Ong tedesca Lifeline a forzare la mano dell’Italia sull’immigrazione proprio nel momento in cui si va stringendo l’accordo fra Pd e M5S che aprirà le frontiere italiane all’immigrazione selvaggia. E dopo aver raccattato 101 clandestini di fronte alle coste della Libia, dove gli scafisti sanno che troveranno sempre, ad attenderli, proprio i loro complici delle Ong, punta ora verso nord. Cioè verso Italia e Malta. Il solito giochetto, insomma.
«La nave #Eleonore di Lifeline ha operato il soccorso di 101 persone a bordo di un gommone che stava affondando a 43 miglia da Al-Khoms. La #MareJonio ha offerto la sua assistenza e si sta dirigendo verso est», avevano scritto nel primo pomeriggio su Twitter i responsabili della Mediterranea Saving Humans.
Poi il passo successivo: «Dopo che la motovedetta della cosiddetta “Guardia costiera libica” si è allontanata, le persone sono tutte tratte in salvo a bordo della #Eleonore che sta facendo rotta verso nord alla ricerca di un #portosicuro per lo sbarco dei naufraghi», scrivono sui Social quelli della Ong, Mediterranea Saving Humans.
«Mentre erano in corso le operazioni di soccorso da parte del rescue team di #Eleonore, una motovedetta della cosiddetta “guardia costiera libica” – sostiene l’Ong Mediterranea Saving Humans – si è minacciosamente avvicinata al gommone, terrorizzando i naufraghi».
I responsabili dell’Ong Mediterranea affermano di essere sottoposti ad interferenze radio militari che stanno mettendo temporaneamente fuori uso i loro sistemi elettronici di avvistamento e localizzazione Gnns e Gps e di essere ostacolati, nella loro attività, dalle istituzioni europee accusate di complicità «dei crimini libici».
«La nave Mare Jonio (che si trova ora al traverso di Zuwarah, meno di 50 miglia a nord delle coste libiche, ndr) sta pattugliando il Mediterraneo centrale ormai da tre giorni, mentre quella immensa distesa d’acqua è teatro, in particolare nella zona SAR a est di Tripoli, di ripetute catture di profughi di guerra da parte della cosiddetta guardia costiera libica, coadiuvata negli interventi di intercettazione da quegli stessi assetti aerei militari di Paesi dell’Unione europea che continuano a sorvolarci. Ormai – sostiene l’Ong che ha, fra i suoi promotori, l’esponente Leu, Nichi Vendola – i Comandi militari e i Centri di coordinamento europei non rilanciano le segnalazioni di imbarcazioni in difficoltà, attraverso i canali di comunicazione radio e messaggistica previsti dal diritto marittimo e dai protocolli SAR internazionali, come sarebbe loro dovere fare, ma pare interloquiscano unicamente con le “Autorità libiche“,».
«Intanto, a causa di una intensa (e non meglio identificata) attività militare di “jamming” cioè di deliberata interferenza sui segnali GNSS e GPS, le nostre apparecchiature di bordo non ricevono alcun messaggio e gli stessi nostri strumenti di navigazione sono mandati in tilt – accusa Mediterranea – In un clima di silenzio e di connivenza da parte degli Stati dell’UE sembra sia diventata prassi ordinaria un crimine gravissimo: respingere centinaia di persone verso un porto non sicuro in un Paese dove sono a rischio di vita e trattamenti inumani e degradanti. Continuiamo perciò a navigare avendo solo i nostri occhi per osservare e denunciare quanto sta accadendo e cercare di difendere la vita e i diritti di chi è costretto a mettersi in mare».
E mentre la nave militare spagnola Audaz, che dovrà prelevare una parte degli immigrati clandestini sbarcati qualche giorno fa, su provvedimento dell’autorità giudiziaria, dalla Open Arms, è in rada davanti al porto di Pozzallo, la Commissione Europea è al lavoro per pianificare la redistribuzione fra i paesi europei che avevano espresso la propria disponibilità.
L’ipotesi, secondo fonti del Viminale, è che la Francia ne prenda 40, la Germania 40, la Spagna 15, il Portogallo 10, il Lussemburgo 2.
Le proposte dei singoli Stati sono al vaglio della Commissione, che comunicherà nelle prossime ore modalità e tempi per il trasferimento degli immigrati, attualmente ospitati nei centri di prima accoglienza della Sicilia.