Carabiniere ucciso, la difesa di Natale Hjorth: «Scarceratelo, è molto provato»

1 Ago 2019 18:28 - di Federica Parbuoni

Vuole uscire dal carcere, Christian Gabriel Natale Hjorth, il giovane americano accusato di concorso nell’omicidio del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega. «È un ragazzo giovane ed è molto provato», ha detto l’avvocato Fabio Alonzi, che stamattina ha depositato istanza al tribunale del Riesame con l’obiettivo di fargli ottenere i domiciliari a casa del nonno, a Fiumicino. Un’opzione, quella del Riesame, che stanno valutando anche i legali di Finnegan Lee Elder, il giovane accusato di aver materialmente sferrato le 11 coltellate al carabiniere ucciso una settimana fa. Oggi, Elder, come già avvenuto per Hjorth, ha ricevuto in carcere la visita del padre.

Cerciello Rega colpito a entrambi i fianchi

Intanto, mentre in Procura gli inquirenti continuano ad aggiornarsi con vertici e incontri, emergono nuovi dettagli sull’assassinio, legati sia alle indagini, sia all’autopsia. L’esame del medico legale, le cui conclusioni a breve arriveranno a Palazzo Clodio, ha confermato la particolare violenza con cui sono stati inferti i colpi. Cerciello Rega è stato colpito sia al fianco destro che a quello sinistro e un colpo più profondo, inferto da dietro, lo ha raggiunto allo stomaco.

I due carabinieri regolarmente in servizio

Sul fronte delle indagini, i pm acquisiranno tabulati telefonici dei due giovani americani, di Sergio Brugiatelli, l’uomo che ha denunciato il furto dello zaino, del pusher di Trastevere e degli stessi Cerciello Rega e Varriale. Le telefonate serviranno agli inquirenti per ricostruire la vicenda sin dall’inizio, dal primo contatto a Trastevere fino al delitto a pochi passi da piazza Cavour. Arriva poi dal sistema centralizzato di gestione dei turni la conferma che quella sera i due carabinieri risultavano regolarmente in servizio, ma gli inquirenti hanno comunque acquisito anche il registro presenze della stazione di piazza Farnese dove prestavano servizio. Altri tasselli infine sono attesi dalle immagini delle telecamere a circuito chiuso presenti a Trastevere e a Prati, i due quartieri che sono stati teatro dei crimini.

Le testimonianze del personale dell’albergo

Iniziano a trapelare, poi, le prime testimonianze già rese. E in particolare quelle del personale dell’albergo di lusso a pochi passi dal luogo dell’assassinio in cui alloggiavano e sono stati rintracciati i due americani. Il receptionist, un uomo di 62 anni, ha riferito che Elder aveva prenotato la camera matrimoniale per sé e per un uomo col suo stesso cognome (quindi non per Hjorth), ma poi si presentò solo alla check in e confermò che l’altra persona non ci sarebbe stata. Ma nel verbale della testimonianza c’è anche di più: «Ieri (il 25 luglio, ndr), precisamente alle 10,30 di mattina, ho notato il signor Elder conversare all’interno della hall con altri due soggetti, di cui uno con la pelle nera», ha riferito il receptionist, specificando però di non essere in grado di dare una descrizione e di non aver più incrociato né Elder né gli altri due. «Tenuto conto che la camera 109 è una matrimoniale – ha poi aggiunto l’uomo – non escludo che il signor Elder abbia fatto accedere, in maniera abusiva, una seconda persona, che rimaneva sconosciuta alla struttura ricettiva». È stato poi il facchino, come già emerso, a incontrare Elder e Natale che rientravano nella struttura. L’uomo, un 55enne, la notte dell’omicidio era di turno tra mezzanotte e le 4 e, benché avesse dovuto lasciare la hall varie volte per motivi di servizio, incrociò i due. «Li ho salutati», ha raccontato agli investigatori, spiegando che era l’una e mezza.

 

 

 

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