A 3 anni dal terremoto del Centro Italia, dolore e protesta: «Lo Stato non ha fatto nulla»

24 Ago 2019 10:26 - di Redazione

A tre anni dal terremoto. «Amatrice non c’è più». Sono queste le prime parole che rimbalzano su tv e radio subito dopo quei 142 interminabili secondi che hanno devastato anche Accumoli, altro paese del reatino, Arquata del Tronto e la frazione di Pescara del Tronto (Ascoli Piceno). E’ il 24 agosto 2016

La terra trema per la prima volta alle 3.36. Un botato. Dopo meno di un’ora, alle 4:33, un’altra scossa di magnitudo 5.3 farà tremare Norcia, la cittadina di San Benedetto. C’è gente sotto le macerie, crolli ovunque.

Dopo poche ore, le immagini dall’alto dei Vigili del Fuoco mostreranno senza scampo tutta la devastazione provocata dal sisma. Interi borghi dell’Appennino ridotti a macerie. Aggiornato di minuto in minuto, il bilancio arriverà a sfiorare i 300 morti (299), con oltre 4.000 sfollati e 238 persone messe in salvo. Un «terremoto severo» lo definirà a caldo l’ex capo della Protezione civile Fabrizio Curcio, quando ancora non si osa fare previsioni sul numero delle vittime.

Un terremoto tale da provocare, come documentato dai satelliti Cosmo-SkyMed, un abbassamento del terreno di 18 centimetri nell’area della Piana di Castelluccio di Norcia, la perla dei Monti Sibillini famosa per la spettacolare fioritura delle lenticchie. La scia sismica andrà avanti per giorni. Ma non saranno solo scosse di assestamento.

La scia sismica andrà avanti per giorni. Ma non saranno solo scosse di assestamento. A ottobre la terra del centro Italia torna a tremare. Si comincia il 26 ottobre quando alle 19:10 una scossa di magnitudo 5.4 colpisce Castelsantangelo sul Nera (Macerata). Poco dopo, alle 21.18 magnitudo 5.9, tocca ad Ussita (sempre nella zona di Macerata). Fino ad arrivare al 30 ottobre quando alle 7:40 un terremoto di magnitudo 6.5 metterà in ginocchio Norcia. La scossa, la più forte registrata in Italia negli ultimi trent’anni, provocherà altri danni, altri crolli ma fortunatamente non altre vittime. «Dal 24 agosto ci sono state 71mila scosse nel Centro Italia, 9 superiori a magnitudo 5», è il bilancio stilato dal capo della Protezione civile a inizio luglio.

«C’è sconcerto tra la popolazione di Amatrice, malumore sopratutto. Perché oltre a montare le casette lo Stato non ha fatto nulla e ogni giorno che passa la comunità si sgretola sempre di più». Il tono di voce è basso ma i concetti che don Savino D’Amelio esprime all’Adnkronos, sono precisi. D’Amelio è stato parroco di Amatrice per 11 anni, ha lasciato l’incarico il 15 settembre scorso per diventare Superiore generale della Congregazione dei discepoli a Roma.

«La notte del sisma ero nella casa di riposo, dove abitavo con 27 anziani: ci siamo salvati tutti, è partito il gruppo elettrogeno e poi siamo scesi tutti in strada. Non avevo idea di quello che fosse successo – ricorda l’ex parroco – finché non ho visto la recinzione dell’istituto divelta come un fuscello di paglia, era in mezzo alla strada. Più avanti il primo condomino spaccato a metà in via Manozzi. Poi sono arrivato davanti alla chiesa e ho visto estrarre dalle macerie la prima vittima».

Per i successivi due anni don D’Amelio non ha mai lasciato Amatrice neppure per un giorno. È oggi rinnova l’appello «a che è si dia velocità e concretezza ai diritti dei cittadini, dandogli la possibilità di ricostruire tutte le loro case: ora che hanno tolto le recinzioni le macerie si vedono, nessuno può dire che hanno tolto il settanta per cento dei detriti. A piazza Sagnotti ci sono ancora palazzi da demolire, dopo tre anni, non dopo un giorno. Così facendo la comunità si sgretola, giorno dopo giorno». Ha il suo peso anche l’instabilità politica: «I governi e i commissari che girano non sono certo segno di una buona speranza concreta per le persone», sottolinea don D’Amelio.

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  • Valerio Oddis 24 Agosto 2019

    Mattarella diceva tra abbracci e strette di mano ai terremotati: “non vi lasceremo soli”
    Tutto falso.
    Valerio Oddis – San Paolo – Brasile