Unicredit, taglio di diecimila posti? Rampelli: “Il governo si faccia sentire”
«L’ipotesi di un taglio di diecimila dipendenti di Unicredit, dopo il recente profondo riassetto organizzativo, suona come un’ipoteca pesantissima sulle casse dell’Inps. Un’ipoteca messa da manager che si dimostrano non in grado di valorizzare Unicredit come eccellenza italiana nel credito, per farne il più grande polo bancario europeo». È quanto dichiara il vicepresidente della Camera dei deputati Fabio Rampelli di Fratelli d’Italia.
Rampelli: “Sarebbe un altro danno enorme per Roma”
«Giova ricordare – aggiunge – che Unicredit nasce dalla fusione di Banca di Roma, Banco di Santo Spirito e Cassa di Risparmio di Roma, istituti fortemente radicati su un territorio da cui l’attuale colosso multinazionale ha tratto più di un beneficio, restando per decenni co-tesoriere di Campidoglio, Provincia di Roma e Regione Lazio». «Fermo restando l’assoluta contrarietà al trasferimento degli asset strategici nel nord Europa – prosegue – credo che il governo italiano debba riprendere l’iniziativa è far capire con chiarezza che Unicredit rappresenta un interesse nazionale. Di sicuro non resteremo muti di fronte a questo ennesimo processo di desertificazione economica di Roma, in parte già avvenuta con il trasferimento della sede legale e che rischia ora di fuoriuscire anche dai confini nazionali».
L’On. Rampelli (FdI) interviene sugli esuberi in #UniCredit e giustamente ribadisce come la situazione attuale sia il risultato di una gestione scellerata messa in atto da manager che non si sono dimostrati in grado di valorizzare Unicredit come eccellenza italiana nel credito. Da Mr. Profumo in poi tante le scelte (poco) strategiche che hanno minato la solidità della banca.
Ma di colpe ne ha anche la politica nostrana. Dov’erano i politici (anzi dove sono!) quando Unicredit praticava il dumping sociale spostando attività all’estero, là dove il lavoro ha un costo minore? Dov’erano i politici quando #UniCredit siglava accordi con il Governo Rumeno per finanziare le loro univeristà e assumeva (e assume) centinaia di giovani informatici a scapito dei nostri giovani laureati?
Io stesso, da sindacalista e la voratore Unicredit (oltre che da tesserato FdI) scrissi a diversiu politici (La Russa, Meloni giusto per citarne alcuni). Non ottenni mai un riscontro.
Inoltre, quanto è attribuibile a certi politici (di sinistra che all’epoca erano al Governo) l’intervento per salvare Capitalia avvenuto con un acquisto da parte di UniCredito Italiano Spa a prezzi (per successiva stessa ammissione di Mr. Profumo) ben al di sopra del reale valore?
L’operazione doveva essere finanziariamente positiva per tutti gli azionisti:
– crescita media annua composta degli utili per azione proforma pari a circa 17% nel periodo 2007-2009
– operazione accretive dal 2009 per gli azionisti di UniCredit e da subito per quelli di Capitalia
– dividendo per azione in progressiva crescita nei prossimi anni.
Inutile ricordare com’è andata a finire…
Sicuramente Unicredit rappresenta un interesse nazionale e come tale sarebbe ora che anche il Governo se ne occupasse. Ed anche in fretta.